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Omosessualità e Vampirismo: "Dracula" e "Manor"

di Massimo Consoli

Ulrichs' Manor:
Homosexuality and Vampirism by M. Lombardi-Nash
Oltre ad essere il "nonno" del movimento gay contemporaneo, ed un grande latinista e combattente politico e poeta in proprio e tante altre cose ancora, Karl Heinrich Ulrichs era anche scrittore di racconti.

Nel 1885, già in Italia da 5 anni, pubblico' una prima antologia di brevi Matrosengeschichten (Storie di Marinai), sinteticamente commentate da Hubert Kennedy su Ulrichs: the Life and Works of Karl Heinrich Ulrichs, Pioneer of the Modern Gay Movement, Alyson Books, Boston, 1988. Quello che vi riproponiamo qui è il secondo racconto, "Manor", una vicenda curiosa nella quale omosessualità e vampirismo si intrecciano in maniera inestricabile.

E fin qui non c'è niente di particolarmente degno di nota, fin quando, in realtà, non veniamo a sapere che "Manor" è stato scritto all'Aquila tra il 22 ed il 30 luglio del 1884, tredici anni prima che un'altra storia nella quale omosessualità e vampirismo si aggrovigliano in maniera altrettanto inestricabile, anche se più subdola, venisse pubblicata in un altro paese, in Inghilterra: Dracula.

Bram Stoker cominciò a raccogliere materiali per il suo libro nel 1890. Ce ne vollero sette per vederlo stampato da Constable, con la sua copertina gialla che andava tanto di moda all'epoca (ricordate lo Yellow Book di Oscar Wilde?), in tremila copie ed al prezzo di sei scellini.

Ulrichs era stato un combattente per la libertà degli Urninghi. Per buona parte della sua vita fu il primo militante gay della storia e l'unico a identificarsi pubblicamente come tale. Tutta la sua avventura umana, insomma, fu l'apologia del "coming out".

La vita di Stoker, invece, fu all'insegna della repressione più totale. Bram era segretamente innamorato di Henry Irving, il più grande attore teatrale dell'Inghilterra Vittoriana, per il quale lavorò anche come manager, ma non riuscì mai ad ammetterlo.

All'età di 31 anni pensò giunto il momento di sposarsi e lo fece con la 19enne Florence Balcombe, che era già stata impegnata con Oscar Wilde. Stoker era stato talmente influenzato dal suo connazionale irlandese che, per un certo periodo pensò di introdurre tra i personaggi di una certa importanza del suo "Dracula", anche un pittore che cercava di fare il ritratto al Conte ma inutilmente: l'immagine non poteva essere imprigionata sulla tela. Chiaro riferimento al Dorian Gray di Oscar, il cui substrato omosessuale non è più un mistero per nessuno, ormai. Per capire quanti problemi di accettazione avesse Stoker basti pensare che, il 18 febbraio 1872 si decise, infine, a scrivere una lettera al poeta americano Walt Whitman, le cui poesie sul cameratismo tra maschi lo avevano profondamente colpito. Eppure, avrà il coraggio di spedirgliela solo quattro anni più tardi!

E non possiamo dimenticare che uno dei suoi ultimi libri, Famous Imposters (1910), è tutto un susseguirsi di uomini che si travestono da donne e donne che si travestono da uomini, fino ad arrivare alla "rivelazione" che perfino la regina Elisabetta I, in realtà, era di sesso maschile!

Questa sua insicurezza sulla propria affettività, Bram la trasferì ampiamente nel romanzo. Dapprima la "pruderie" vittoriana e più tardi la permalosità hollywoodiana, tutto ha congiurato per cancellare ogni velato indizio di omosessualità, ma i riferimenti sono ancora là, nel testo originale, come ha cercato di dimostrare con molta convinzione anche Christopher Craft (Another Kind of Love: Male Homosexual Desire in English Discourse, Berkeley, University of California Press, 1994). Un brano del Dracula aiuterà a capire meglio quanto sto dicendo. Ad un certo punto tre donne lascive tentano di circuire Jonathan Harker, il personaggio principale del racconto, quando, infuriato, il Conte fa il suo ingresso protestando: «Come osate toccarlo, voialtre?.. Vi avverto! Quest'uomo mi appartiene!»

E quando le tre mogli rispondono con un tono di rimprovero e quasi a voler difendere la loro preda: «Tu non hai mai amato. Tu non ami mai!», Dracula si volta verso Jonathan, guardandolo fisso negli occhi e dice: «Si, anch'io sono capace di amore... Ebbene, vi prometto che quando avrò finito con lui, potrete baciarlo come meglio vi parrà». E come sottolinea Leonard Wolf, «quando avrò finito con lui» "è un riferimento molto blando alle delizie omoerotiche che Dracula ha riservato a se stesso ed a Jonathan Harker" (Dracula. The Connoisseur's Guide, Broadway Books, New York, 1997, pag. 157.).

I rapporti tra omosessualità e vampirismo, del resto, non sono una novità. Già nel 1993 ho cercato di dimostrare come il vero modello ispirativo del Dracula di Bram Stoker sia stato più l'ungherese Erzsébet Bàthory che Vlad Tepes ("I Mostri Sono Tra Noi - La Contessa Sanguinaria - Il Macellaio di Hannover", Ompo N. 65 supplemento, Ottobre 1993).

Ma prima di me lo avevano sostenuto Raymond McNally (Dracula Was a Woman. In Search of the Blood Countess of Transylvania, 1983). Le prove?

Il Dracula del romanzo era uno székely della Transilvania, popolazione magiara, cioè ungherese, e non valacca, cioè rumena, com'era il caso di Vlad.

Era un conte, come la contessa Bàthory, appunto, mentre Vlad Tepes era un principe.

Bàthory beveva il sangue delle sue 610 vittime, come farà Dracula, mentre Tepes era soprannominato "l'Impalatore" perché questa era la sua favorita forma di condanna a morte.

E la storia della Bàthory, sia detto per inciso, è un'altra storia di omosessualità vissuta un po', come dire, malino. Certo, ci fosse stato il "gruppo accoglienza del circolo Mario Mieli", all'epoca, la contessa non sarebbe stata «convinta che il sangue delle fanciulle avesse un potere cosmetico sulla sua pelle un tempo famosa per tutta l'Ungheria. Così, le ragazze venivano incatenate nei labirinti del castello e ingozzate di cibo perché "più grasse erano, più sangue avrebbero avuto a disposizione per gli usi della nobildonna quando fosse venuto il loro momento di essere munte"! La contessa teneva tanto alla sua pelle che, dopo essersi immersa nella vasca colma del sangue fresco di queste disgraziate, non si sognava affatto di asciugarsi con un ruvido accappatoio. C'erano, infatti, altre ragazze (quelle ancora all'ingrasso!) che avevano la precisa funzione di leccarla tutta, da capo a piedi. Chi si rifiutava, o dimostrava di provare un (comprensibile) disgusto, veniva torturata a lungo ed infine sgozzata: il suo sangue serviva per altre abluzioni.»

Vlad Tepes, soprannominato "Dracul" (lo aggiungo per il piacere della completezza storica), si trovò più volte a combattere contro il fratello Radu, detto "il Bello", che era stato a lungo l'amante di Maometto, figlio del sultano Murad e poi suo successore sul trono ottomano.

Ma torniamo ad Ulrichs che già nel 1869, scrivendo il suo ottavo saggio intitolato Incubus: Amore Uraniano e Sete di Sangue (Incubus: Urningsliebe und Blutgier) aveva affrontato un argomento simile. C'era stato un uomo, il tenente von Zastrow, di Berlino, che aveva aggredito due bambini.

In particolare, era accusato di aver violentato il giovane Emil Hanke, di sei anni, di averlo morso sulla faccia, di avergli tagliato i testicoli, di aver tentato di strangolarlo, di avergli attaccato la testa ad un tubo di termosifone e di averlo lasciato gravemente ferito, ma ancora vivo.

Poi, era accusato di aver violentato il 15enne Corny, di averne mutilato il corpo tagliandogli i genitali ed altre parti, di avergli inserito un bastone dentro il retto e di averglielo spinto fino ai polmoni, e poi di averlo ucciso. Il paletto che gli attraversava il corpo, in particolare, aveva acceso la fantasia popolare, che vi aveva visto una sorta di rito satanico o, meglio ancora, di attività vampiresca.

Secondo Ulrichs, questo non poteva essere considerato un caso di omosessualità, ma di pazzia. Secondo lui era giusto l'intervento della legge nelle cose sessuali quando c'era la minaccia di usare la forza, l'uso della forza stessa o il coinvolgimento di bambini, ma nel caso di vera e propria insanità mentale erano i medici a dover intervenire, e non i giudici.

All'epoca, i riferimenti al vampirismo furono insistenti e forse fu proprio questo fatto che, più tardi, lo spinse ad intervenire ancora una volta sull'argomento, ma in maniera romanzata, romantica e, in ogni caso, con molti distinguo.

Manor, in effetti, rispetta molti dei luoghi comuni sul vampirismo, ma, come ha fatto notare Michael Lombardi nel commento alla sua traduzione, ad un certo punto se ne distacca.

Infatti, ... Manor è un cadavere che si rianima ed abbandona la sua tomba di notte per succhiare il sangue ad una persona addormentata. Il suo aspetto è cadaverico: pallido come la morte e gelido al tocco. Appare ben nutrito ed è eccezionalmente forte. Agisce solo al calar delle tenebre mentre di giorno riposa nel suo sepolcro. La comunità pratica il tradizionale atto di conficcargli un paletto attraverso il cuore non appena si accorge del pericolo, e gli abitanti si recano al cimitero per controllare le tombe alla ricerca di un cadavere che non si sia ancora decomposto già sapendo, comunque, dove cercare... Questi sono i punti in comune con la tradizione dei morti viventi, ma poi la storia prende un altro verso ed assume un carattere originale, affrontando l'amore di due ragazzi, due maschi, che nell'Inghilterra vittoriana sarebbe stato impossibile anche solo da pensare. Inoltre, come continua a sottolineare Lombardi, Manor è rianimato da Urda, che per i popoli del Nord era la concettualizzazione del fato, idea del tutto estranea alla tradizione balcanica. Ancora, il primo tentativo di uccidere definitivamente il morto vivente fallisce e Manor riesce a liberarsi piuttosto facilmente del paletto con il quale lo hanno inchiodato nella tomba. Infine, originale è il modo in cui il vampiro succhia il sangue di Har, non mordendolo sul collo, ma ciucciandogli il capezzolo.

Con questa narrazione, Ulrichs si conferma anche come scrittore di fiction. La sua storia, come sottolinea Paul Nash commentando la traduzione di Lombardi, rientra a pieno titolo nelle regole del racconto breve così come sono state formulate proprio nel 19° secolo: ha una solida impalcatura, unità di trama, carattere, tono, umore e stile, con un inizio, uno svolgimento, una fine. Anche lo sfondo in cui si svolge la storia viene usato con sapienza da Ulrichs: la terra è "nuda", "rocciosa", "melanconica", il mare è "selvaggio", "sballottato in vortici e rapide", "una marea di onde", ed è calmo solo quando i due giovani sono insieme a nuotare.

Insomma, un racconto da non perdere, dopo che per così tanto tempo è stato quasi sconosciuto.

(C) 2002 by Massimo Consoli

Consoli, Massimo. "Manor." Guidemagazine (Milano), July 2002.

"Manor" di Karl Heinrich Ulrichs
traduzione italiana di Massimo Consoli

Altri scritti di o su Ulrichs in Italiano

Vindex. 1864; traduzione italiana di Massimo Consoli. Roma: Archivio Massimo Consoli, 2000.

Spada Furente. 1867; traduzione italiana di Massimo Consoli. Roma: Fabio Croce Editore, 2002.

"L'Unione degli Urninghi." 1865; traduzione italiana di Massimo Consoli

"Iscrizione sulla Lapide di Ulrichs." 1895; traduzione italiana di Massimo Consoli

"Johann Diederich Sarnighausen e Karl Heinrich Ulrichs -- Due Urninghi." Di Wolfgang Böker e Jochen Engling; traduzione italiana di Massimo Consoli

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