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Indice
A mo’ di prefazione Verso
la metà degli anni Settanta alcuni zoologi lanciarono un grido d’allarme: gli
elefanti (tanto l’Elephas Indicus quanto
la Loxodonta Africana) sembravano
essere condannati a una lenta ma inesorabile estinzione. Un organismo delle
Nazioni Unite, incaricato di affrontare la questione per trovare un eventuale
rimedio, istituì un’apposita commissione, che si mise subito al lavoro e nel
giro di un anno poté raccogliere gli studi elaborati da ogni suo singolo
membro. Lo statunitense celebrò i meriti dell’elefante nelle lotte intraprese
per liberare i popoli dalle dittature e per instaurare i diritti umani e la
democrazia; il sovietico
applicò i criteri del materialismo storico allo studio del ruolo
dell’elefante nell’edificazione della società socialista; l’inglese mise
in luce l’importanza dell’elefante nei rapporti economici basati sul libero
mercato; il tedesco descrisse minuziosamente, in due volumi ponderosi, le
caratteristiche primarie e secondarie di ogni ramo della famiglia degli
elefantidi; il francese se la cavò con un agile pamphlet
intitolato L’éléphant et son
esprit. Il
membro italiano della commissione, che aveva fatto appello alle diverse Regioni
della Repubblica al fine di ottenere molteplici contributi sul tema, poté
presentare ben due ricerche, entrambe prodotte dalla Regione Emilia Romagna, la
sola che si era data da fare. Titolo della prima ricerca: L’elefante,
l’antifascismo e la Resistenza. La seconda: Mille ricette per cucinare l’elefante. Recentemente,
la bibliografia sull’argomento si è arricchita di un nuovo testo: il Diario di un elefante miracolosamente scampato all’Olocausto. Claudio Mutti
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