L’Iguana, un killer davvero speciale
Venerdì esce "Almost blue", il film di Alex Infascelli tratto dal romanzo di Carlo Lucarelli. Nel cast Lorenza Indovina
ROMA — Una versione bellissima di "Almost blue"
cantata da Elvis Costello, il computer e uno scanner per catturare suoni
e voci. Il mondo di Simone, cieco, è chiuso nella mansarda dove
ha scelto di isolarsi dal mondo. Fino al giorno in cui in quella stanza
non intercetta la voce verde dell’Iguana, il serial killer che cattura
su Internet le vittime: tutti studenti. Quando il rettile che immagina
di avere sotto la pelle si fa sentire, il bisogno di uccidere diventa urgente:
sporco di sangue, nudo, finalmente placato, Iguana assume l’identità
della vittima. Alex Infascelli, (dinastia di cineasti e produttori), 33
anni, porta sullo schermo "Almost blue", il romanzo di Carlo Lucarelli.
Il film esce venerdì ed è una sorpresa, per l’atmosfera,
la scelta stilistica, la forza delle immagini. Folgorato dal libro («Ho
comprato i diritti venti giorni dopo averlo letto»), il regista debuttante
faceva il musicista e ha firmato videoclip per Frankie Hi Nrg, Silvestri,
Carboni dice di aver apprezzato «il lato umano dei personaggi. Il
killer ha un aspetto quasi candido, io l’ho raccontato come se fosse un
foglio bianco. E poi la grandezza del libro sta nel fatto che non succede
quasi nulla perché avviene tutto subito, in maniera chiara e veloce.
Ho fatto tanti videoclip, sono arrivato al cinema attraverso la musica
e la pittura, Bacon in particolare, è il mio punto di riferimento».
Lorenza Indovina intepreta Grazia Negro, la detective
dell’Unità analisi crimini violenti che indaga sul caso, Rolando
Ravello è il serial killer, Claudio Santamaria è Simone,
il giovane cieco che guida gli ispettori. Nel cast anche Marco Giallini,
Andrea Di Stefano, Marco D’Ambrosi, Benedetta Buccellato.
"Almost blue" segue tre angolazioni diverse,
quella di killer, investigatori e di Simone. «L’aspetto interessante
in questa storia è l’attrito che si crea quando i personaggi si
avvicinano l’uno all’altro» spiega il regista «Ho cercato di
conservare l’emozione di quando ho letto il libro, le mie prime sensazioni.
Il film all’inizio mi sfuggiva di mano, come un cavallo pazzo: l’ho assecondato.
Diciamo che è un esperimento con cui sento di rischiare, anche se
i veri rischi sono altri: avete presente "Medici senza frontiere"? Io mi
sono divertito a girarlo, mi hanno pagato, ma una cosa è vera, non
è un film di genere». Non è scontata neanche Grazia
Negro, con i suoi capelli in disordine e le scarpe basse, diversa da tutte
le ispettrici già viste. «Nessun paragone con la Clarice
Sterling del "Silenzio degli Innocenti» dice Lorenza Indovina «con
Alex abbiamo deciso che doveva restare fuori da "Almost blue". Grazia ,
tra i suoi punti di forza, ha la femminilità. Magari è goffa,
è instabile, ma è vera». «Più che al "Silenzio
degli innocenti" o a "Seven"» ammette Infascelli « mi è
rimasto nel cuore "Fargo" e la sua protagonista». La poliziotta infallibile
e incinta, interpretata da Frances McDormand, che per quel ruolo si aggiudicò
un Oscar.
Intervista di Silvia Fumarola (Repubblica, 14/11/2000)
"In Italia si può sparire nell’indifferenza"
Lo scrittore applaude il film: un thriller visionario
ROMA — «Il film mi è piaciuto tantissimo
e non ho notato grande differenza col libro, è vicino alla parte
visionaria del romanzo. E’ riuscito a rappresentare i "colori" delle voci,
le scene di violenza fanno davvero paura». Carlo Lucarelli applaude
al termine della proiezione di "Almost blue": il giudizio più atteso,
ovviamente, era il suo. Autore prediletto dai più giovani, affascinati
dalle atmosfere pulp dei suoi romanzi, Lucarelli dice di aver visto il
film "da spettatore".
Perché non ha collaborato alla sceneggiatura?
«Non mi hanno telefonato. A parte gli scherzi,
non ho avuto alcun contatto col regista e l’ho trovata una scelta giusta.
Alex ha fatto quello che fanno tutti i lettori: ha indossato il libro,
l’ha fatto suo».
Bologna nel film non è così
caratterizzata.
«E’ quella che ho conosciuto studiando
all’università, abitavo a Faenza, e facevo avanti e indietro. In
realtà la città da cartolina non esiste perché i ragazzi,
che arrivano da tutta Italia, abitano lontano dal centro in appartamenti
subaffittati. Lo stesso vale per i poliziotti, che parlano il "poliziettesco",
una lingua tutta loro, infatti anche un poliziotto nato a Bologna usa le
stesse espressioni di un siciliano».
Lei ha scelto di parlare dell’Italia attraverso
i gialli.
«Trovo che il giallo sia un ottimo strumento
per raccontare le città. Abbiamo bisogno di sentirci spiegare la
realtà in cui viviamo. Il mio modello è Giorgio Scerbanenco,
ma trovo che anche Dürrenmatt e Dostoevskij siano grandi scrittori
di gialli. La via italiana al giallo è scrivere di cose reali senza
stereotipi, che abbiano un’incidenza nella nostra vita reale e nella politica.
Nel noir c’è sempre critica sociale».
Cosa c’è di politico in "Almost blue"?
«La denuncia dell’indifferenza. La mia
storia è ambientata a Bologna, ma è poco importante, quello
che racconto potrebbe accadere in un’altra città qualsiasi. In Italia
le persone possono sparire, essere uccise, senza che nessuno se ne accorga».
Un altro suo libro, "Lupo mannaro" è
diventato un film diretto da Antonio Tibaldi.
«Sì, e in quel caso ho collaborato
alla sceneggiatura. E’ la storia di un poliziotto che non può arrestare
il suo assassino: sa , "sente" che è lui, ma non riesce a incastrarlo.
Rispetto al romanzo, del ’93, c’è una maggiore analisi psicologica
dei personaggi. Se lo dovessi ripubblicare lo integrerei con quello che
è stato aggiunto nella sceneggiatura».
A cosa sta lavorando adesso?
«Sta uscendo il mio nuovo libro, "Un giorno
dopo l’altro", che è il seguito di "Almost blue", ha la stessa struttura.
Si dà la caccia a un killer che attrae le proprie vittime attraverso
Internet. Il titolo è tratto da una canzone di Luigi Tenco, come
l’altro era un omaggio a Chet Baker: due dei brani più tristi che
abbia mai sentito».
Articolo di Silvia Fumarola (Repubblica, 9/6/2000)
Quel lupo mannaro dall'aria così perbene
A Bologna Antonio Tibaldi gira il film dal giallo di Carlo Lucarelli, storia di un serial killer
BOLOGNA - Il lupo mannaro porta giacca e cravatta, è ancorato
alla sua ventiquattrore di cuoio, circola su un auto blu. Un ingegnere
potente e insospettabile, Velasco, con un'anima nera. Il commissario Romeo
non ha dubbi: è un serial killer. Ma le sensazioni non valgono come
prove e le poche prove vengono invalidate, l'indagine non viene autorizzata,
e in questo giallo - in cui sappiamo dall'inizio chi è l'assassino
- la partita a scacchi si gioca tra commissario e killer, un uomo abile,
intelligente, pronto a spiazzare l'avversario. Nel cuore di Bologna, a
Piazza Santo Stefano, il regista Antonio Tibaldi gira Lupo mannaro
dal libro di Carlo Lucarelli, che firma la sceneggiatura con Laura Paolucci.
A vederli vicini, il tenace commissario Romeo (Gigio Alberti) con gli occhi
spiritati e il manager (Bruno Armando), che si libera dallo stress facendo
fuori tossicodipendenti e prostitute, sembrano avere tutti e due qualche
problema. "Devo ancora conoscere qualcuno che non ne abbia..." scherza
Alberti "Il commissario mi è piaciuto perché non sta bene,
si sente in disaccordo col mondo. E ha un problema enorme da risolvere:
dimostrare che Velasco è colpevole". Ad aiutarlo nelle indagini,
la giovane assistente Grazia Negro (Maya Sansa) vestita come Lara Croft,
con mini militare, giubbotto e stivaletti, l'ispettore della scientifica
Rago (Stefano Dionisi) e il criminologo Del Gatto (Francesco Carnelutti).
"Girando il film" racconta la Sansa "mi sono fatta un' idea diversa sulla
polizia. In effetti li ho sempre visti come una specie di sorveglianti,
invece sono persone che fanno un grande lavoro. Grazia è sola, s'invaghisce
di Romeo: mi piace perché è determinata".
Bruno Armando è Velasco: "Mi muovo nella città come il
padrone, so che la polizia sa, ma ho le conoscenze giuste: e so benissimo
che - seguendo le regole - non potrò mai essere preso". "Il romanzo
noir è sempre di critica sociale" spiega Carlo Lucarelli "cerca
di mettere in evidenza quello che non va. In Lupo mannaro, per esempio,
c'è un poliziotto che non può arrestare un assassino. Rispetto
al romanzo - del '93 - c'è una maggiore analisi psicologica dei
personaggi, e se lo dovessi ripubblicare lo integrerei con quello che è
stato aggiunto nella sceneggiatura".
Il film, prodotto da Domenico Procacci (Radiofreccia, Come te nessuno
mai, Le mani forti) per Mediatrade, potrebbe uscire nelle sale o andare
in onda in tv. "Non lo sappiamo ancora" spiega Roberto Pace, direttore
generale di Mediatrade "dipenderà dalla distribuzione. La nostra
strategia fino al 2002 è di avere almeno dieci buone sceneggiature
l'anno, poi decidere cosa fare. Se il cinema italiano non ci offre storie,
le realizziamo: questo film segna l'inizio della collaborazione con Procacci".
Il mondo di Lucarelli, 39 anni, che da ottobre tornerà su RaiTre
con Blu notte, programma in cui ricostruisce con sapienza delitti
efferati mettendo al centro del racconto la vittima, è fatto di
orrore nascosto dietro l'apparente tranquillità. Lucarelli è
nato a Parma, abita a Mordano, in provincia di Bologna - zona in cui ambienta
i romanzi - il suo modello è Giorgio Scerbanenco. A differenza delle
storie cupissime che scrive, è simpatico, coltiva l'ironia. E' figlio
di un grande ematologo, primario a Pesaro (il cui reparto è al centro
di un'inchiesta per un'epidemia letale di epatite), il fratello è
biologo ed è a lui che si rivolge per avere conferme quando nei
suoi libri decide di scrivere "di insetti che immagazzinano la luce e possono
liberarla molte ore dopo", o di "gabbiani che uccidono di notte. Mi piaceva
molto l'idea, ma mi è stato spiegato, i gabbiani di notte non volano".
Ha una schiera di giovani lettori che amano le atmosfere estreme, lo stile
pulp dei suoi libri: un caso letterario scoperto dal cinema. Alex Infascelli
ha girato Almost Blue, Antonio Aleotti sta scrivendo la sceneggiatura
da L'isola dell'angelo caduto, e sono stati acquisiti anche i diritti
del ciclo del commissario De Luca, con cui Lucarelli esordì all'inizio
degli anni ' 90: Carta bianca, L'estate torbida e Via
delle oche. "Il successo di Camilleri ha fatto da apripista per il
giallo in Italia" dice lo scritttore, "e ora l'editoria punta su autori
giovani sperando di trovare un nuovo Montalbano. Ma in fondo anche Camilleri
è giovane, perchè è arrivato al successo tardi, come
un qualsiasi esordiente. A me piace molto: in Internet si discute dell'
interpretazione di Luca Zingaretti, perchè ognuno si è creato
il proprio Montalbano... Ma l'unico che avrebbe potuto impersonarlo è
proprio Camilleri".
Racconta che da quando i gialli hanno trovato nuovi lettori, "tutti
cercano di scrivere noir, ma è molto difficile: mi sono capitati
manoscritti con storie d'amore, che dopo due anni venivano rispediti, identici,
ma con un morto dentro. Esattamente quello che non si deve fare". Ora sta
ultimando Un giorno dopo l'altro, in uscita a ottobre: "E' il seguito
di Almost blue, con la stessa struttura, la caccia ad un killer
che attrae le proprie vittime attraverso Internet. Il titolo è tratto
da una canzone di Luigi Tenco, come l'altro lo era di Chet Baker, i brani
più tristi che abbia mai sentito". Tra un killer e l'altro, confessa
che gli piacerebbe scrivere "un romanzo d'amore e condurre in tv un programma
dal titolo Matrimoni felici con un mucchio di figli. Ma mi sa che
faccio prima a trovare delitti truculenti".
Articolo di Rita Celi (Musica!, supplemento di Repubblica, 18/5/2000)
Alex e l’assassino - sul set di "Almost Blue"
Dai videoclip al cinema: Infascelli gira a Cinecittà il suo primo film, dal romanzo di Lucarelli
La stanza è piccola, e la scrivania è un incastro tecnologico.
Computer, tastiere, casse, scanner, impianti stereo e di varia utilità
sono accatastati intorno alla sedia dove passa le sue giornate Simone.
Da una finestra arriva la luce del sole, ma serve poco al solitario ragazzo,
impegnatissimo a intercettare le voci che arrivano da un monitor con un
piccolo altoparlante. Simone è cieco e vive in un mondo tutto suo,
dove i suoni sono colori, la musica è un arcobaleno. Un mondo in
miniatura, ricostruito in ogni dettaglio all'interno del Teatro 13 a Cinecittà.
La sedia del regista è occupata da Alex Infascelli, impegnato a
dare indicazioni agli operatori e ai tecnici, mentre Simone (Claudio Santamaria)
sbadiglia, sciogliendosi sotto il calore dei riflettori. Arriva finalmente
il ciak, si gira: il silenzio scende e assorbe la scena, Simone-Claudio
ripete la frase così come gli ha appena spiegato il giovane regista.
Sono gli ultimi giorni di riprese a Roma, dopo gli esterni girati a
Bologna, del primo lungometraggio di Alex Infascelli, Almost Blue,
prodotto e distribuito da Vittorio Cecchi Gori, la cui uscita è
prevista in autunno. Interpreti, oltre Santamaria, Lorenza Indovina, Andrea
Di Stefano, Dario D'Ambrosi, Marco Giallini, Rolando Ravello. Il titolo
del film è rimasto uguale al romanzo di Carlo Lucarelli da cui è
tratto. Un thriller ambientato a Bologna in cui un killer psicopatico massacra
studenti universitari fuori sede. Sulle sue tracce una poliziotta che si
avvale dell'aiuto del ragazzo cieco. Simone ogni sera mette sul piatto
il suo pezzo preferito, Almost Blue (la versione di Chet Baker nel
libro, quella di Elvis Costello nel film) da cui il titolo, e ascolta le
voci della notte.
La colonna sonora è affidata ai Massimo Volume, che improvviseranno
sulle immagini e faranno anche una loro versione del brano di Costello,
dal titolo Quasi blu. "Io farò da direttore d'orchestra-
precisa Alex Infascelli, che si è fatto un nome girando videoclip
(tra gli altri, per Daniele Silvestri, Samuele Bersani, Luca Carboni, Ligabue,
Niccolò
Fabi, Frankie Hi Nrg, Max Gazzè).
Malgrado la sua esperienza sia ricca soprattutto di video musicali,
non si sente intimorito a Cinecittà. Alex è cresciuto nel
mondo del cinema: suo padre, Roberto Infascelli, è stato un noto
produttore degli anni Settanta ('Febbre da cavallo' solo per citare un
titolo), così come lo era suo nonno, tramandando la passione per
il grande schermo a tutta la famiglia. Finora il giovane Infascelli si
è cimentato solo con cortometraggi, non solo musicali, con cui ha
partecipato al film collettivo DeGenerazione. Per il suo lungometraggio
d'esordio ha invece scelto un romanzo italiano, raccontato da tre punti
di vista: quello dell'Iguana, un assassino che si reincarna nelle sue vittime,
quello di Grazia, una giovane detective che gli dà la caccia, usando
le tecnologie più sofisticate, aiutata dal terzo protagonista, Simone,
il ragazzo cieco che descrive la sua città attraverso le voci che
ascolta e ruba con lo scanner.
Conoscendo dalle pagine di Lucarelli le modalità con cui l'Iguana
uccide, sarebbe facile aspettarsi uno splatter, di quelli con il sangue
che schizza da tutte le parti. "Il sangue c'è" racconta Alex "ma
niente a che vedere con quello che si racconta nel libro. Del resto la
mia è una lettura personale del romanzo. L'ho letto una volta sola,
e l'ho stravolto insieme a Sergio Donati, con cui ho scritto la sceneggiatura.
La storia coincide, ma ho preferito soffermarmi sui meccanismi che spingono
i personaggi a comportarsi in un certo modo, senza l'ironia tipica dello
splatter". Per avere un’idea più precisa, Infascelli pensa di più
ai thriller dell'ultima generazione, che si concentrano volutamente sui
personaggi, sulle loro azioni e sulle persone che li muovono, piuttosto
che dipingere la vicenda dei serial killer con il sangue delle sue vittime.
Volendo trovare riferimenti cinematografici, Alex cita L'inquilino
del terzo piano di Roman Polanski, ma anche Profondo rosso di
Dario Argento, e non sembra affatto spaventato dell'eventuale paragone,
sentendosi forte della sua esperienza. "Fare cinema è un’arte misteriosa,
che non può essere certo paragonata ai videoclip" spiega. "Ma girare
un clip è una prova per il musicista di turno ma anche per il regista.
E’ una botta di energia compressa, che deve dare il meglio in breve tempo".
Proseguendo la metafora musicale, Alex aggiunge: "Se girare un videoclip
è come realizzare un disco, fare un film è come una tournée,
quando la stessa energia deve essere disponibile per più tempo,
ogni volta al massimo per dare il meglio. Ecco perché per me non
c'è differenza tra un video musicale o un lungometraggio. E’ solo
un lavoro più lungo, ma l'entusiasmo e la voglia è la stessa
tutti i giorni".
Il titolo del film rimane lo stesso del romanzo, Almost Blue, anche
se il regista ci tiene a sottolineare il motivo che gli ha fatto preferire
la versione di Elvis Costello (che è anche l'autore del brano che
ha ispirato il titolo) a quella suonata dal leggendario trombettista jazz
Chet Baker. "Volevo un pezzo interpretato da uno vero, come Costello appunto"
conclude Alex. "Non che Chet Baker non lo sia, ma è troppo compiaciuto
del suo modo di essere un perdente".
Email: camilleri_fans@hotmail.com