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Una Notte da Dimenticare

- Capitolo Primo -

La Tensione Era Altissima

Era notte e Draco Malfoy stava fuggendo da Hogwarts, un posto in cui sapeva non sarebbe più stato il benvenuto. Si fermò appena oltre i confini della scuola, ai suoi torreggianti cancelli. I tre Mangiamorte che erano stati con lui fino a pochi attimi prima erano scomparsi, e Greyback aveva raggiunto la Foresta Proibita. Draco ne fu molto sollevato perché, per nessuna ragione al mondo avrebbe voluto trascorrere un secondo di più con quello spietato lupo mannaro. Stava lì al buio, ansimando, mentre il cuore gli batteva all’impazzata, non sapendo cosa fare o dove andare. Non gli restava che aspettare Piton, il quale era rimasto indietro per sbarazzarsi di Harry Potter. Gli occhi di Draco si spalancarono al vedere Piton correre verso di lui, inseguito da un ippogrifo infuriato e strillante, che gli sembrò orribilmente familiare. Non appena Piton ebbe superato i cancelli, afferrò il braccio di Draco e scomparve, portando con sé il ragazzo.

Draco sentì quella spiacevole sensazione d’orribile compressione che accompagnava il processo di Apparizione. Dopo tutte le lezioni frequentate durante il suo sesto anno scolastico, era ormai capace d’apparire da solo, ma ciò non gli sarebbe stato possibile senza prima conoscere la destinazione. Non appena i suoi piedi toccarono il solido terreno, Draco aprì gli occhi e si guardò attorno agitato, cercando d’identificare quel nuovo luogo. Draco sentì Piton allentare la stretta sul suo braccio. Erano sull’argine di un fiume sporco che si snodava tra rive ricoperte d’abbondante vegetazione e rifiuti. Un’immensa ciminiera, probabilmente una vecchia fabbrica, proiettava la sua sinistra ombra sugli edifici circostanti.

“Che posto è questo? Dove siamo? Dove sono gli altri?” Chiese Draco a Piton, un po’ disorientato.

“Lo vedrai. Andiamo, qui non siamo al sicuro. Qualcuno potrebbe averci visto.” Disse Piton freddamente, prima di mettersi in cammino a grandi passi.

“Dove sono gli altri? Non vado da nessuna parte, finché non mi dice dove mi sta portando!” Protestò Draco e incrociò le braccia sul petto. Era più che evidente che il ragazzo non avrebbe mosso un passo, finché le sue domande non avessero trovato risposta. Piton si arrestò di colpo e si voltò per lanciare al ragazzo un’occhiata infastidita.

“Siamo solo noi due. Ti sto portando da tua madre, adesso muoviti!” Disse Piton con rabbia.

Al sentir menzionare la madre, Draco si convinse a seguire obbedientemente il suo insegnante su per la riva. In un paio di veloci falcate raggiunsero la cima, dove una vecchia cancellata separava il fiume da una stretta strada acciottolata. La strada era fiancheggiata da file e file di case di mattoni diroccate, dalle finestre monotone e cieche. Entrarono in un vicolo tra due case e poi in una seconda strada, quasi identica alla prima. Piton si muoveva facilmente attraverso quel labirinto di case di mattoni, e Draco ebbe l’impressione che il suo insegnante conoscesse quello strano posto molto bene. Girarono per una strada su di cui la torreggiante ciminiera della fabbrica che aveva notato al suo arrivo sembrava sovrastare minacciosa. Draco sollevò gli occhi verso un’indicazione sul muro e lesse Spinner's End. Piton si fermò davanti all’ultimissima casa, dove una fioca luce filtrava attraverso le tende in una stanza del piano inferiore. Piton mormorò qualcosa sottovoce e la porta si aprì, permettendo loro di entrare.

“Draco!” Gridò Narcissa non appena li vide entrare. “Grazie a Salazar, sei salvo. ” Sospirò di sollievo, alzandosi dal logoro sofà su cui aveva ansiosamente atteso l’arrivo del figlio.

“Madre!” Gridò Draco felice, e corse a gettarsi tra le braccia della donna.

“È andato tutto bene?” Chiese Bellatrix da un angolo della stanza. Aveva tenuto compagnia alla sorella.

“Si, ” Rispose Piton brevemente.

“Allora Silente è ...” Squittì Codaliscia, accarezzandosi nervosamente la mano sinistra color argento.

“Morto, ” Piton completò la frase di Peter, e la sua faccia si contorse disgustata dalla stupidità di quell’uomo.

“Oh, Severus. Non so come ringraziarti.” Disse Narcissa con voce tremante, poiché lacrime di gioia minacciavano di scendere sul suo bellissimo volto.

“Allora non farlo ... Ho fatto solo ciò che dovevo fare.” Disse Piton freddamente da vicino al tavolino traballante verso cui si era affrettato a versarsi un bicchiere di whisky.

“Oh, sicuro. Come se non le piacesse la gloria che riceverà prendendosi tutto il merito per i miei sforzi.” Insinuò Draco con stizza.

“Stupido ragazzo! Se non avessi completato la missione al posto tuo, ora saresti un condannato a morte, e lo stesso vale per la tua famiglia.” Sibilò Piton adirato.

“Oh, e suppongo che lei abbia fatto tutto questo per pura generosità!” Sogghignò Draco.

“Ho solo prestato fede al voto fatto a tua madre.” Bisbigliò Piton con occhi ardenti.

“Certo, il cosiddetto Voto Inscindibile. L’avrebbe potuto pure infrangere, per quel che me ne importa!” Disse Draco con voce strascicata e derisoria.

“No, Draco. Non puoi infrangere quel tipo di voto. Se lo fai, muori. ” Gli spiegò Narcissa. Draco fu un po’ colto alla sprovvista da quell’inaspettato pezzo d’informazione. In un certo modo, sentì la sua animosità verso Piton diminuire tutto ad un tratto.

“È meglio che tu vada. Il ragazzo può dormire qui stanotte. Lo staranno probabilmente cercando e l’Ordine della Fenice non sa di questo posto.” Piton rassicurò le sorelle Black, dopo aver vuotato il suo secondo bicchiere di whisky.

“Piton ha ragione. Andiamo, Cissy.” Disse Bellatrix sollevando il cappuccio del suo mantello sulla testa.

“Buonanotte, Draco.” Narcissa salutò il figlio con un bacio, “Buonanotte, Severus.” Bisbigliò affettuosamente, ma non osò avvicinarsi a lui. Non sembrava dell’umore giusto per un qualsiasi tipo di prossimità o contatto fisico.

“Codaliscia, vai a togliere la tua roba dalla tua stanza. Draco dormirà lì. ” Ordinò Piton.

“Cosa? E dove pensi che dovrei passare la notte?” Protestò Codaliscia.

“Beh, non dovrebbe essere difficile per un ratto trovare un buco in cui dormire.” Ghignò Piton e Draco sorrise compiaciuto.

“Il mio Padrone mi ha mandato qui per assisterti!” Codaliscia squittì flebilmente.

“Non ho più bisogno della tua preziosa assistenza.” Mormorò Piton e, a giudicare dallo sguardo nei suoi occhi, quella era la sua ultima parola.

Codaliscia sapeva che sarebbe stato inutile discutere e, a dire il vero, non gli dispiaceva affatto lasciare quella tetra casupola. Aprì una porta nascosta, rivelando una stretta scala. Illuminò la sua bacchetta e salì, seguito da Draco. Raggiunsero il piano superiore in cui, su uno stretto corridoio, si aprivano tre porte: due conducevano alle stanze da letto, l’altra ad un bagno. Uno spesso tappeto di polvere copriva il pavimento e c’erano ragnatele che pendevano dal soffitto. Il posto aveva tutta l’aria di essere usato in rarissime occasioni, considerando lo stato generale d’abbandono. Codaliscia fece segno a Draco di seguirlo nella stanza da letto più piccola. Con un colpo di bacchetta raccolse le sue poche cose in una piccola borsa, mentre Draco attendeva sulla soglia. Il ragazzo ne approfittò per dare un’occhiata in giro alla stanzetta, e fu sollevato di vedere che il posto era stato ripulito un po’. Codaliscia lasciò la stanza senza neanche rivolgere una parola a Draco. Aveva sempre odiato Lucius e tutte le sue arie di superiorità da snob purosangue, e probabilmente pensava che il figlio non potesse essere tanto diverso. Draco guardò con un certo sollievo la figura di Peter Minus che si allontanava, poiché l’unica cosa che voleva era restare da solo.


- Capitolo Secondo -

I Dubbi di Draco

Draco giaceva sveglio sullo stretto letto nella stanza più piccola. Si girava e rigirava irrequieto, ma il sonno sembrava averlo abbandonato quella notte. Illuminò la sua bacchetta magica e ne puntò la luce in giro per ispezionare la stanza. Intuì che probabilmente si trovava nella stanza di un ragazzo, giudicando dalla semplicità del decoro e lo stretto letto che a Draco calzava bene, ma sarebbe stato scomodo per un adulto. Anche Codaliscia aveva dormito lì, ma lui non era un uomo comune dopo tutto. La stanza era piuttosto spoglia e decisamente priva di una qualsiasi traccia del tocco personale del vecchio proprietario. Sembrava proprio che quell’altro ragazzo non vi avesse passato molto tempo. I ragazzi, soprattutto gli adolescenti, tendono a personalizzare la propria stanza secondo i loro gusti, creando un certo legame emotivo con il luogo. Invece quella stanza aveva tutta l’aria di essere stata un luogo spiacevole per il suo ex-proprietario. L’unico segno di una presenza umana erano tre piccole lettere scolpite nell’angolo inferiore sinistro della testata del letto: PMS. Draco le fissò curioso, cercando di decifrarne il significato. Abbandonò presto quel gioco inutile ed impossibile, perché potevano significare qualsiasi cosa. Draco giaceva sveglio sullo stretto letto nella stanza più piccola. Si girava e rigirava irrequieto, ma il sonno sembrava averlo abbandonato quella notte. Illuminò la sua bacchetta magica e ne puntò la luce in giro per ispezionare la stanza. Intuì che probabilmente si trovava nella stanza di un ragazzo, giudicando dalla semplicità del decoro e lo stretto letto che a Draco calzava bene, ma sarebbe stato scomodo per un adulto. Anche Codaliscia aveva dormito lì, ma lui non era un uomo comune dopo tutto. La stanza era piuttosto spoglia e decisamente priva di una qualsiasi traccia del tocco personale del vecchio proprietario. Sembrava proprio che quell’altro ragazzo non vi avesse passato molto tempo. I ragazzi, soprattutto gli adolescenti, tendono a personalizzare la propria stanza secondo i loro gusti, creando un certo legame emotivo con il luogo. Invece quella stanza aveva tutta l’aria di essere stata un luogo spiacevole per il suo ex-proprietario. L’unico segno di una presenza umana erano tre piccole lettere scolpite nell’angolo inferiore sinistro della testata del letto: PMS. Draco le fissò curioso, cercando di decifrarne il significato. Abbandonò presto quel gioco inutile ed impossibile, perché potevano significare qualsiasi cosa. Draco giaceva sveglio sullo stretto letto nella stanza più piccola. Si girava e rigirava irrequieto, ma il sonno sembrava averlo abbandonato quella notte. Illuminò la sua bacchetta magica e ne puntò la luce in giro per ispezionare la stanza. Intuì che probabilmente si trovava nella stanza di un ragazzo, giudicando dalla semplicità del decoro e lo stretto letto che a Draco calzava bene, ma sarebbe stato scomodo per un adulto. Anche Codaliscia aveva dormito lì, ma lui non era un uomo comune dopo tutto. La stanza era piuttosto spoglia e decisamente priva di una qualsiasi traccia del tocco personale del vecchio proprietario. Sembrava proprio che quell’altro ragazzo non vi avesse passato molto tempo. I ragazzi, soprattutto gli adolescenti, tendono a personalizzare la propria stanza secondo i loro gusti, creando un certo legame emotivo con il luogo. Invece quella stanza aveva tutta l’aria di essere stata un luogo spiacevole per il suo ex-proprietario. L’unico segno di una presenza umana erano tre piccole lettere scolpite nell’angolo inferiore sinistro della testata del letto: PMS. Draco le fissò curioso, cercando di decifrarne il significato. Abbandonò presto quel gioco inutile ed impossibile, perché potevano significare qualsiasi cosa.

Riprovò a chiudere gli occhi, desiderando con tutte le sue forze un sonno senza sogni. Era una speranza vana, perché il ricordo del suo primo incontro con la morte lo perseguitava. Ogni volta che chiudeva gli occhi, la scena sul bastione ai piedi della Torre di Astronomia continuava a ripetersi nella sua mente. Rivedeva il getto di luce verde emanato dalla punta della bacchetta di Piton colpire Silente in pieno petto. Rivedeva in ogni dettaglio, come se l’intera scena si svolgesse in quello stesso momento, Silente scaraventato in aria per poi cadere lentamente all’indietro, come un’enorme bambola di pezza, oltre il parapetto e giù nell’oscurità sottostante. Ricordava ogni particolare di quella notte, e tra essi il Marchio Nero spiccava prepotentemente. Quella notte l’aveva visto risplendere, letale, nel cielo e ricordava i brividi lungo la schiena suscitati da quell’immagine.

Non era stata la prima volta che lo aveva visto. La prima risaliva a solo due anni prima, la sera dopo la finale della Coppa Mondiale di Quidditch, ma allora non aveva provato niente nel vederlo. Allora, il Marchio Oscuro gli era sembrato qualcosa di vuoto, qualcosa che non lo riguardava in alcun modo. Ma ora … ora era diverso, ora che ne aveva uno tatuato sul suo braccio sinistro, proprio come suo padre. Suo padre ... Voleva davvero essere come suo padre? Era stato chiamato il figlio di Lucius così tante volte fin dall’infanzia, che era cresciuto dando per scontato che avrebbe seguito le orme del padre.

“Non sei un assassino. ” Gli aveva detto Silente. “Mi chiedo se tu ci abbia messo veramente il cuore.” Aveva suggerito il vecchio preside.

“Oh, no. Silente aveva ragione. Non era un assassino o probabilmente non ancora.” Rifletté Draco. “Questo è ciò che fa tutta la differenza tra me e mio padre.” Pensò.

Sicuramente suo padre non avrebbe avuto un attimo d’esitazione al posto suo. Nonostante il pericolo mortale in cui lui e la sua famiglia versavano, non era stato capace di sollevare la bacchetta contro un uomo disarmato. Continuava a ripensare alla sua conversazione con Silente, il sorriso calmo di quell’uomo che contrastava fortemente col suo nervosismo, il timore che gli altri Mangiamorte potessero non arrivare e, ancora più assurdo, ricordava la strana sensazione di conforto e quasi incoraggiamento, che aveva provato all’inaspettata lode di Silente. Una lode … Che cosa rara che era sempre stata la lode per lui. Per quanto si sforzasse, non riusciva a ricordare di aver mai ricevuto una sola lode da parte di suo padre, un padre che non aveva mai una parola gentile per il figlio, un padre che lo derideva per le sue sconfitte, un padre che aveva cresciuto un figlio solo per essere l’immagine sputata di se stesso.

“Basta!” Gridò infastidito e saltò giù dal letto.

Aveva un disperato bisogno di una qualsiasi distrazione che bloccasse quegli spiacevoli ricordi. Si diresse verso la porta nella convinzione che, forse, una tazza di te gli avrebbe potuto calmato un po’ i nervi. Scese la stretta scala e aprì la porta nascosta che conduceva al minuscolo soggiorno. Le pareti erano interamente ricoperte da libri e la fioca luce, emanata da una lampada a candele che pendeva dal tetto, era troppo debole per illuminare più di una pozza al di sotto di essa, conferendo alla stanza l’aria di un’oscura cella dalle pareti imbottite. Si diresse poi verso una seconda porta nascosta che gli avevano detto conduceva ad una piccola cucina.

“Insonnia?” Disse una fredda voce, facendo saltare Draco in aria. Il ragazzo, allarmato, scrutò la piccola stanza buia e improvvisamente si rese conto di non essere solo, come pensava. C’era qualcuno seduto su una vecchia poltrona.

“Oh è lei, signore.” Disse Draco, sentendosi improvvisamente in colpa per il modo in cui aveva trattato Piton quell’anno. Si sentiva uno sciocco per aver persino sospettato che Piton volesse rubargli la gloria, lui che dopo tutto l’aveva trattato sempre con rispetto, quasi affetto.

“Non mi sorprende che tu non possa dormire. È stata la tua prima morte?” Chiese Piton dando al ragazzo uno sguardo d’intesa.

“Si, signore. Non avevo mai visto qualcuno morire.” Mormorò Draco fissando intensamente il suo ex-insegnante.

“So che può essere inquietante la prima volta. Ma non ti preoccupare, ci farai presto l’abitudine.” Disse Piton colloquialmente. Draco inghiottì sonoramente nel sentire quell’evidente accenno a ciò che presumeva fosse la vita di un Mangiamorte.

“Beh, non è tanto quello.” Disse Draco e fece una pausa, incerto se proseguire o no.

“Allora cosa?” Chiese Piton con voce morbida. Sapeva che c’era qualcosa che preoccupava il ragazzo, probabilmente la stessa cosa che stava tormentando anche lui. Forse parlarne sarebbe stato l’unico modo per alleviare il peso che li stava opprimendo entrambi.

“Silente mi ha parlato, prima che lei e gli altri arrivaste, e ora le sue parole mi perseguitano.” Disse Draco tutto di un fiato, dubitando che sarebbe stato capace di finire la frase se si fosse fermato per respirare.

“Si, tendono a farlo.” Mormorò Piton mentre un mezzo sorriso curvava un angolo delle sue sottili labbra. Per un momento, non si era reso conto di aver parlato di Silente come se fosse ancora vivo, e quando improvvisamente se ne accorse la sua espressione mutò.

“Silente mi ha detto che sapeva fin dal principio che c’ero io dietro a tutto, ma non ha detto né fatto nulla per fermarmi. Ha detto che sapeva che l’Oscuro Signore mi avrebbe ucciso, se avesse sospettato che qualcuno ne fosse a conoscenza.” Disse Draco confuso. “Gl’importava davvero di proteggere me e la mia famiglia, dopo tutti i guai che gli abbiamo procurato?”

“Silente era un uomo che sapeva perdonare e dimenticare facilmente” Affermò Piton.

“Non certo come il Signore Oscuro, da quel che ho sentito.” Soghignò Draco, il suo nervosismo alquanto attenuato dall’agio della conversazione. “È così facile parlare con lui, confidarsi con lui. Perché diavolo non l’ho fatto prima?” Realizzò Draco con sorpresa. Evidentemente Piton stava cercando di rendere le cose più facili per entrambi.

“No, Draco. E’ molto difficile che l’Oscuro Signore perdoni qualcuno, come hai giustamente sentito. Non c’è via di ritorno dall’essere al suo servizio, a meno che non si consideri la morte come un’opzione.” Disse Piton in un tono che poteva essere interpretato solo come amara rassegnazione. Opzione ... quella fu la parola che scatenò in Draco le domande successive.

“Mi ha detto che avevo delle opzioni ... Mi aveva promesso che, se fossi passato dalla sua parte, mi avrebbe nascosto e protetto mio padre e mia madre allo stesso modo. Era vero? Avrebbe potuto veramente tenerci tutti così al sicuro? Mi era stata davvero offerta una possibilità di cambiare il mio destino?” Draco finalmente confessò i dubbi che lo stavano tormentando.

“Si, Draco. Diceva sul serio. L’Ordine della Fenice ha realmente i mezzi per fare tutto ciò. I membri di quella organizzazione sono unti da un legame di solidarietà, quasi di fratellanza, che spinge ognuno a proteggere chiunque ne abbia bisogno in ogni modo possibile. Nulla a che vedere con l’essere un Mangiamorte, dove devi guardarti alle spalle costantemente.” Commentò Piton aspramente, il suo volto indurito da un misto d’odio e rimorso.

“Mia madre mi ha raccontato che le ha fatto giurato che avrebbe completato lei la missione se io avessi fallito. Se avessi accettato l’offerta di Silente e avessi abbandonato la mia missione, cosa le sarebbe accaduto?” Chiese Draco preoccupato, ora consapevole d’essere stato un peso extra ai doveri di doppio agente di quell’uomo.

“Avrei dovuto completare la missione, se non volevo morire. Oppure tua madre avrebbe potuto sciogliermi dal voto.” Mormorò Piton, sorpreso che il ragazzo avesse veramente a cuore il suo destino.

“Capisco.” Rispose Draco semplicemente, e distolse lo sguardo.

L’improvvisa realizzazione che le sue scelte avevano determinato il destino di altre quattro persone, aveva fatto aumentare in lui il senso d’oppressione che sentiva nel petto. Si rese conto di non essere così freddo e distaccato come aveva sempre creduto di essere. Quella conversazione non gli aveva dato il conforto che stava cercando disperatamente. Si sedette sul divano e frugò nelle tasche, sperando che un po’ di cioccolato lo avrebbe potuto consolare. Trovò una cioccorana e ne strappò la confezione. Morse rabbiosamente il dolce, masticandolo in silenzio. Si, il cioccolato gli diede una piacevole sensazione. In fondo era un rinomato antidepressivo. Poi guardò pigramente la figurina di Maghi e Streghe Famose all’interno. Il suo cuore sussultò quando vide la figurina di Albus Silente che gli sorrideva. Si alzò bruscamente dal divano, come se una scarica elettrica lo avesse colpito da sotto il sedile. Fece un paio di passi affrettati verso il tavolo traballante, abbandonò la scatola del dolce e la figurina su di esso, e girò sui tacchi verso la porta.

“Buonanotte, signore.” Disse frettolosamente, prima di correre di nuovo al piano di sopra.


- Capitolo Terzo-

Il Piccolo Amico del Maestro di Pozioni

Severus Piton sedeva sulla sua vecchia poltrona con un bicchiere vuoto in mano. Fissava attentamente Draco Malfoy, che stava in piedi di fronte a lui. Qualcosa sembrava aver turbato il ragazzo profondamente. Era improvvisamente diventato molto pallido ed era fuggito dalla stanza come se qualche spaventosa minaccia invisibile lo inseguisse. Piton guardò incerto la porta nascosta che si chiudeva, poi si alzò e si diresse verso il tavolo traballante.

“Basta bere per stanotte. Non che sia di alcun aiuto, ad ogni modo.” Pensò mentre posava il bicchiere.

I suoi occhi si posarono sulla scatola di Cioccorane di Draco e poi la vide. Lì, posata sul tavolo, c’era la figurina di Silente che lo guardava curiosamente con i suoi soliti occhi scintillanti. La raccolse con dita tremanti. Perché mai stavano tremando le sue dita? Non poteva essere per l’alcol che aveva bevuto. No, poteva reggere quella roba molto bene e, ad ogni modo, non ne aveva bevuto poi così tanto. Ovviamente il tremore era dovuto a qualcos’altro, qualcosa di più intimo. Con la figurina in mano, ritornò verso la poltrona e vi collassò sopra. Improvvisamente si sentì troppo debole per stare in piedi. Stava lì a guardare e riguardare quel volto familiare, una vista che gli sembrò come una pugnalata al cuore.

“Perchè, Albus? Perchè hai dovuto farmi questo? ” Sussurrava alla figurina, sperando in vano che essa potesse rispondergli.

“Non volevo andare avanti col piano, ma tu non hai voluto ascoltarmi. Ti avevo avvisato che sarebbe stato folle sperare che il ragazzo potesse essere ragionevole. Gli stavi chiedendo di fidarsi di te, ma come potevi mai aspettarti fiducia da qualcuno che è cresciuto conoscendo solo l’inganno e il tradimento?” Ora Piton mormorava, sentendo crescere la sua rabbia contro quella benevola faccia sorridente.

“Mi dicesti che volevi solo salvare più vite possibile, che non t’importava se ciò significava gettare via la tua stessa vita nel tentativo. Molto nobile da parte tua, certo, ma d’altronde lo sei sempre stato.” Piton continuò il suo monologo. “Anche se dubito che proprio quelle vite ne fossero veramente degne. Sapevi che il ragazzo non sarebbe stato in grado di ucciderti, ma perché dovevo essere proprio io a prendere il suo posto? Perché fra tutte le persone dovevo essere proprio io, io che ti dovevo così tanto?” Sussurrò con voce tremula, mentre le lacrime cominciavano a scorrere lungo il suo viso scarno.

“Ti ho odiato così tanto su quella torre. Là, quando mi stavi supplicando. "Ti prego, Severus." Dicevi. Ti prego, va avanti col fottuto piano e uccidimi! Intendevi dire. Anche se sembrava che mi chiedessi di risparmiarti la vita.” Piton gridò. Mentre si sfogava, repulsione e odio erano scolpiti nelle dure linee del suo volto. Ma quei sentimenti non erano rivolti verso Silente, no, li provava per se stesso. Si malediceva per essere stato tanto folle da accettare la richiesta di Silente. Si pentiva di non aver imposto la sua volontà di lasciare l’Ordine per sempre, e al diavolo se non poteva tener fede al voto fatto a Narcissa e moriva.

“Che cosa dovrei fare ora? Che ne sarà di me senza di te al mio fianco, senza la tua guida?” Sussurrò dolcemente, la sua voce ora implorante.

“Ho recitato la mia parte e ora la commedia è finita. Non ho altri ruoli da interpretare. Sono inutile ormai, non c’è posto per me in questo mondo.” Sospirò pesantemente, stringendo la figurina al petto.

“Non riesco più a sopportare questo dolore. Ci deve pur essere un modo per fuggire da tutto questo ... si, certo che c’è!” Disse, i suoi occhi si accesero all’improvvisa realizzazione. Mise una mano in una tasca interna del suo mantello nero, e tirò fuori una piccola fiala scura contenente un brillante liquido viola. La osservò per un po’, la sua espressione era indecifrabile.

“Mi sarai d’aiuto, mio piccolo amico. Almeno voi pozioni non mi avete mai tradito finora.” Sussurrò con voce vellutata, mentre un sorriso speranzoso curvava le sue labbra sottili.

Aveva preso la sua decisione, e non c’era più via di ritorno. Con un colpo di bacchetta, fece apparire un tavolino con sopra un paio di fogli di pergamena vuoti, una piuma e dell’inchiostro. Si chinò sul tavolo e cominciò a scrivere una lettera. La sua mano scorreva agile sulla carta, ferma e senza un solo momento d’esitazione. Sembrava che conoscesse da molto tempo ogni parola che stava scrivendo. Quando ebbe finito, la rilesse attentamente mentre aspettava che l’inchiostro si asciugasse.

A chiunque, perché non so davvero chi, quando o persino se qualcuno troverà mai questa lettera. Se state leggendo questo, significa che il mio piano ha funzionato e non ho più la possibilità di dirvi io stesso quanto segue. Ho ucciso Albus Silente, ma questo ormai lo saprete già. Ciò che invece tutti ignorano è la ragione che mi ha spinto a farlo. Ho avuto un ruolo chiave in questo disastro che chiamano la “Seconda Guerra”. Ero un Mangiamorte, ma ero anche un membro dell’Ordine della Fenice, ed ero una spia. Sono stato il servo di due Padroni, L’Oscuro Signore e Albus Silente. Ma mentre ho servito l’Oscuro Signore per mera sopravvivenza, ho servito il Preside Silente per gratitudine e pura lealtà. Si, la mia lealtà appartiene ad Albus Silente e nessun altro. E’ stato l’unico a capirmi, a sostenermi, anche a ... volermi bene, forse.

È stato in nome di quella lealtà che Silente mi ordinò di ucciderlo per salvare la vita del giovane Draco Malfoy. All’inizio, mi sono rifiutato di portare avanti quel piano. Era troppo doloroso per me uccidere l’unica persona che si fosse mai curata di me. Ho provato a fargli cambiare idea, ma è sempre stato inutile provare a ragionare con Silente, una volta che si era messo qualcosa in testa. Mi pento amaramente della mia debolezza e odio me stesso per aver accettato quella dannata missione. Vorrei essere morto io su quella torre.

Probabilmente non crederete ad una sola parola di tutto questo, mi chiamerete bugiardo ... non vi biasimo. Le menzogne mi hanno tenuto in vita per quasi tutta la mia esistenza. So che la verità fa male, ma la verità e tutto ciò che mi resta da offrirvi. Il mio ruolo di doppio agente è giunto alla sua fine. Niente più spionaggio per me, niente più lotte al fianco di Silente. Dubito che crederete alla sincerità della mia confessione, ma ho sentito il bisogno di farvela lo stesso. Adesso è giunto per me il momento di scendere dal palcoscenico e sparire.

Severus Principe Piton

Piegò la lettera e la mise in una busta, scrivendo poche parole sul fronte: a chiunque sia interessato. Non era sicuro del perché avesse scritto quella lettera, ma non era riuscito a reprimere il bisogno di dire a qualcuno la verità. Dopo tanti anni di menzogne voleva disperatamente raccontare la verità, anche se dubitava che qualcuno lo avrebbe creduto. Voleva giustificare le sue azioni e non poteva sopportare il pensiero che la gente parlasse alle sue spalle. Con un altro colpo di bacchetta fece scomparire il tavolo, l’inchiostro e la piuma. Tolse il tappo alla fiala e la sollevò come per un brindisi.

“Albus, vieni ad accogliermi dall’altra parte. Cominciamo la nostra prossima grande avventura insieme!” Disse prima di portare la boccetta alle labbra e berne il contenuto fino all’ultima goccia.

La stanza cominciò ad oscillare davanti ai suoi occhi. Ebbe il tempo di posare la fiala vuota sul vicino tavolo, prima che il suo corpo si abbandonasse contro la poltrona. La lettera che aveva appena scritto giaceva sul suo grembo e la sua mano destra stringeva ancora la figurina di Silente. Chiuse gli occhi e si rilassò, dando il benvenuto ai beati effetti della pozione, mentre un sorriso graziava il suo volto finalmente sereno.


- Capitolo Quarto -

Un Freddo Benvenuto

Draco si svegliò presto quella mattina, sentendosi più stanco di quando era andato a letto. Aveva dormito solo poche ore, e la conversazione con Piton quella notte gli aveva dato più cose su cui riflettere. Ora che sapeva che tutto sarebbe potuto andare diversamente, se solo avesse accettato l’offerta di Silente, uno stretto nodo gli si era formato nello stomaco e non voleva lasciarlo in pace. Si alzò sapendo che era inutile stare lì sdraiato ad aspettare in vano un sonno che non sarebbe mai arrivato. Entrò in bagno per fare la sua toilette mattutina, lavandosi la faccia abbondantemente con acqua gelata per scacciarne il torpore. Sostò davanti la porta dell’altra stanza da letto, chiedendosi se Piton stesse ancora dormendo. Aprì delicatamente la porta per dare un’occhiata all’interno. La stanza era vuota e il letto intatto, o rifatto ordinatamente.

“Sarà sicuramente di sotto a fare colazione. È meglio che lo raggiunga, e dovrei anche scusarmi con lui per il mio comportamento irriverente. Mi sono comportato come un vero idiota per tutto l’anno!” Pensò Draco mentre scendeva la stretta scala.

Aprì la porta del minuscolo salotto. Era buio, le candele si erano consumate e delle pesanti tende oscuravano le finestre. Illuminò la punta della sua bacchetta e si diresse verso la finestra più vicina, per far entrare i raggi del sole mattutino. Si girò e guardò la stanza e vide Piton ancora sulla poltrona. Suppose che il suo insegnante si fosse addormentato lì la sera prima. Draco esitò un instante, incerto se fosse educato svegliarlo o no. Ma l’opprimente silenzio della stanza era insopportabile, così si decise a provare a svegliarlo sperando di non farlo arrabbiare. Si avvicinò alla poltrona e si soffermò un istante a guardare l’uomo addormentato. Sembrava così beato…

“Signore?” Disse Draco esitante, ma Piton non sembrava averlo sentito.

“Professor Piton?” Provò ancora Draco, scuotendo cautamente il braccio dell’uomo, “Può veramente una persona dormire così profondamente?” Si chiese Draco con un misto di fastidio ed invidia.

“Piton!” Lo chiamò Draco con tono risoluto, e toccò istintivamente la mano dell’uomo.

Era gelida, e ciò lo allarmò. Allora provò a sollevare quella mano e provò orrore al vederla ricadere senza vita. Draco rimase a bocca aperta, mentre la consapevolezza di essere davanti ad un uomo morto scendeva su di lui. Quando? Come? Chi? Erano le domande che gli passavano per la mente. Era troppo spaventato per curarsi di scoprirlo. Corse di sopra, raccolse il suo mantello e tornò di sotto. Si diresse dritto verso la porta d’entrata senza perdere un secondo di più, e corse via da quella casa. Continuò a correre come un pazzo, attraverso il labirinto di case di mattoni, sforzandosi di sentire il rumore del fiume. Per qualche strana ragione, era convinto di dover tornare sulla riva del fiume per essere in grado di Apparire. Voleva solo andarsene da quel maledetto posto, voleva andare a casa, raggiungere sua madre. Alla fine vi arrivò, fece un lungo respiro per calmarsi, si concentrò profondamente sulla sua destinazione e Sparì con un suono secco.

Alcune ore dopo un gruppetto di figure con dei mantelli apparve su quella stessa riva del fiume. Una nuvola si mosse da davanti il sole, permettendo ai suoi raggi di svelare l’identità di quelle figure. Erano tutti membri dell’Ordine della Fenice. Il leader del gruppo era l’ex-Auror Malocchio Moody, al suo fianco stavano Lupin e Tonks. Con loro c’erano anche Harry Potter, Ronald Weasley e Hermione Granger. All’inizio, l’organizzazione non era stata favorevole alla loro richiesta di unirsi alla missione. Harry aveva però insistito che, dopo aver visto Piton uccidere Silente, aveva tutto il diritto di dargli la caccia con gli altri e assicurarsi che pagasse per il suo crimine. La risolutezza di Harry e dei suoi amici costrinse l’Ordine a lasciarli partecipare.

“Adesso dove, Hermione?” Domandò Moody.

“Da questa parte.” Rispose Hermione prontamente, dopo aver controllato la sua bacchetta.

La diligente strega aveva scoperto un potente incantesimo, il cui funzionamento era molto simile all’incantesimo Quattro Punti, ed era capace di rintracciare facilmente cose e persone. Grazie all’abilità della giovane strega, avanzarono facilmente attraverso il dedalo di case di mattoni e presto gli apparve all’orizzonte la ciminiera della vecchia fabbrica. Entrarono a Spinner's End e si diressero dritti verso l’ultima casa. La porta era stranamente socchiusa, come se qualcuno avesse dimenticato di chiuderla nella fretta. Moody ordino ai suoi compagni di estrarre le bacchette e procedere cautamente, poi entrò per primo nella casa. Gli altri lo seguirono all’interno e i loro corpi s’irrigidirono alla vista di Piton seduto su una poltrona.

“Svegliati, Piton! Hai visite.” Gridò Moody con un ghigno trionfante, ma Piton non si mosse.

“Risparmiaci i tuoi giochetti, Piton. Sei chiaramente in minoranza.” Disse Moody spavaldamente, avvicinandosi all’uomo.

Lo circondarono su tutti i lati, puntandogli le bacchette al petto, pronti al minimo accenno di una sua reazione. Harry e i suoi amici si scambiarono sguardi perplessi. Sembrava così strano che Piton non avesse ancora mosso un dito per combatterli e cercare di fuggire. La stanza era oppressa da una soffocante calma, che diede presto sui nervi a tutti. Lupin, nonostante il suo solito sangue freddo, fu il primo a perdere il controllo e si avvicinò a Piton.

“Dai, Severus. Smettila con queste sciocchezze e consegnaci la tua bacchetta.” Disse Lupin scuotendo l’uomo per una spalla.

Quel gesto fece sì che la testa di Piton gli ricadesse sul petto, dandogli l’aspetto di un grosso grottesco pupazzo. Tutti rimasero a bocca aperta, mentre Hermione e Tonks si coprirono la bocca con la mano in orrore, quando si resero conto che Piton era morto. Ron istintivamente indietreggiò di qualche passo e quasi inciampò nel farlo. Lupin istintivamente strofinò la mano con cui aveva toccato Piton sul mantello, come a voler pulire i resti di qualcosa di contagioso. Hermione si sentì cedere le ginocchia, e si appoggiò al vicino tavolo per supporto. La poverina non aveva mai visto un cadavere. Moody fu il primo ad uscire da quello stato generale di stupore. Si avvicinò con dimestichezza a Piton per esaminarlo, alla ricerca di qualche indizio di ciò che era successo o di una traccia del possibile colpevole.

“Che ne pensi, Alastor?” Lo interrogò Lupin.

“Non ci sono segni di violenza sul corpo.” Mormorò Moody mentre ispezionava Piton. “Pupille dilatate.” Aggiunse controllandogli gli occhi. “Tracce di lacrime sulle guance.” Disse strofinando l’indice sul volto dell’uomo.

“Che cos’è quella?” Disse Tonks indicando la piccola fiala scura che stava sul tavolo.

“Veleno!” Affermò Moody, dopo aver annusato la boccetta e versato le ultime gocce sul palmo della sua mano.

“Veleno? Piton non può essere stato avvelenato? Voglio dire ... era il nostro Maestro di Pozioni. Sapeva tutto sui veleni!” Hermione espresse la sua perplessità.

“Questo è uno molto raro, Hermione. Lo chiamano il Distillato della Morte Pacifica. Uccide chi lo beve, risparmiandogli l’agonizzante dolore provocato dalla maggior parte dei veleni esistenti.” Spiegò Moody con competenza.

“Ha qualcosa nella mano.” Osservò Ron.

“La prendo io.” Si offrì Lupin, e si chinò per strappare l’oggetto dalle dita ormai rigide di Piton. “È una figurina delle Streghe e Magi Famosi, quella di Silente per essere esatti.”Aggiunse girandola.

“Che ironia, non è vero?” Insinuò Moody.

“E c’è pure una lettera.” Disse Lupin notando la busta sul grembo di Piton, e raccolse anche quella, “A chiunque sia interessato.” Lesse la busta e l’aprì.

Lupin lesse la lettera in silenzio ed il suo volto mostrò un susseguirsi di diverse emozioni, mentre continuava a leggerla. Gli altri lo guardarono con evidente curiosità, chiedendosi cosa mai vi potesse essere scritto.

“Che cosa dice?” Domandò Moody impaziente.

“Non è stato omicidio, ma suicidio.” Mormorò Remus e non poté fare a meno di rivolgere a Piton uno sguardo pietoso, poi porse la lettera a Moody.

“Cosa? Ma perché?” Esclamò Harry stupito.

“Apparentemente, il peso della sua coscienza lo ha fatto crollare, e con Silente morto, sentiva che la sua vita era inutile.” Riferì Moody freddamente. “Bene, ci ha fatto un gran favore, credetemi.” Sogghignò l’Auror.

“Lupin, Tonks! Andate a controllare al piano di sopra, anche se dubito che troverete qualcosa.” Ordinò loro Moody.

I due iniziarono ad ispezionare le pareti alla ricerca di qualche passaggio nascosto. Le pareti erano così fittamente ricoperte da libri, che era quasi impossibile trovare qualche segno di una porta o altro. I tre ragazzi si unirono prontamente alla ricerca e finalmente riuscirono ad individuare le due porte nascoste. Salirono al piano di sopra per ispezionare le stanze da letto, lasciando Moody da solo con Piton. Non trovarono nulla, solo la prova che qualcuno aveva dormito nella stanza più piccola. Il gruppetto tornò giù nel minuscolo soggiorno scendendo la stretta scala uno per volta.

“Ho mandato un messaggio a Shacklebolt, sarà presto qui con i suoi ragazzi per occuparsi del corpo di Piton. Non è rimasto altro da fare per noi qui, andiamo!” Disse Moody, e si prepararono a partire.

Mentre si avviava verso la porta d’ingresso, Hermione Granger volle volgere un ultimo sguardo verso Piton. Non poteva fare a meno di provare compassione per il suo ex Maestro di Pozioni. Era così evidente che la vita era stata dura con lui. In quel momento desiderò come non mai di avere con sé un giratempo. Ci sarebbero state così tante cose da poter cambiare! Forse Piton e Silente sarebbero stati ancora vivi, o persino Sirius ... Si, sarebbero potuti tornare indietro e salvare anche la vita di Sirius. Il pensiero che tutti i giratempo fossero andati accidentalmente distrutti durante la loro lotta contro i Magiamorte, all’interno del Dipartimento dei Misteri, riempiva il suo cuoricino di un pungente rimorso. È sempre pericoloso manipolare il tempo, cosa che lei sapeva bene. La Professoressa Mac Grannit glielo aveva detto chiaramente durante il suo terzo anno, quando ne aveva usato uno per frequentare tutte quelle lezioni extra. Ma nonostante tutto, era ancora fermamente convinta che valesse sempre la pena di rischiare, se lo si faceva per salvare la vita di qualcuno. Moody aveva ragione, non era rimasto più nient’altro che potessero fare, perché nessuna magia al mondo era capace di far tornare in vita i morti.

FINE

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