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Prima parte

Io non difendo la Germania: difendo la verità. Non so se la verità esista ed anzi molte persone si affannano a dimostrarmi con ragionamenti che non esiste affatto, ma so che la menzogna esiste, che esiste la deformazione sistematica dei fatti. Noi viviamo da tre anni su un "falso" della storia. É un'abile falsificazione che dapprima accende la fantasia e si appoggia quindi sulla cospirazione delle fantasie stesse. Si è cominciato col dire: ecco tutto ciò che avete sofferto. E poi: ricordatevi di tutto ciò che avete sofferto. È stata perfino inventata una filosofia di questo falso, la quale ci spiega che la nostra realtà di allora non ha alcuna importanza, ma soltanto conta "l'immagine" che ne appariva. Sembra che tale trasposizione sia "l'unica realtà ". Il gruppo Rotschild viene promosso così ad esistenza metafisica. Io credo stupidamente alla verità: credo, perfino, che essa finisca col trionfare su tutto ed anche sull'immagine. Il destino precario del falso inventato dalla resistenza ce ne ha già fornito la prova. Oggi il blocco e' spezzato i colori si scrostano: i cartelloni pubblicitari durano poco tempo. Ma allora, se la propaganda delle democrazie ha mentito per tre anni su di noi, se ha travisato le nostre azioni, come crederle quando ci parla della Germania? Non può aver falsificato la storia dell'occupazione nello stesso modo con cui ha presentato falsamente il comportamento del governo francese? L'opinione pubblica comincia a rettificare il suo giudizio sull'epurazione. Non dobbiamo chiederci se non debba farsi la medesima revisione sulla condanna pronunciata dai medesimi giudici a Norimberga? Non e' per lo meno onesto, ed anzi necessario, porci questo quesito? Se il provvedimento giudiziario che ha colpito migliaia di francesi è impostura chi ci prova il contrario per quello da cui sono stati colpiti migliaia di tedeschi? Abbiamo il diritto di disinteressarcene? Potremo sopportare che migliaia d'uomini, in questo momento, soffrano e si ribellino al nostro rifiuto di testimoniare, alla nostra viltà, alla nostra falsa pietà? Essi respingono la camicia di forza che vogliamo imporre alla loro voce e al loro passato: sanno che i nostri giornali mentono, i nostri scrittori mentono; lo sanno e non lo dimenticheranno. Lasceremo che su di noi cada il loro sguardo di giusto disprezzo? Sappiamo bene che tutta la storia di questa guerra e' da rifare: rifiuteremo il nostro apporto alla verità? Abbiamo visto questi uomini installati nelle nostre case e nelle nostre città: essi sono stati i nostri nemici e, cosa molto più crudele, i nostri padroni. Questo fatto non toglie loro il diritto che tutti gli uomini hanno alla verità e alla giustizia; il loro diritto all'onestà degli altri uomini. Hanno combattuto coraggiosamente, hanno subito il destino della guerra che avevano accettata: oggi, distrutte le loro città, abitano tra le rovine, non possiedono più nulla, vivono come mendicanti di ciò che il vincitore largisce loro, i bambini muoiono e le figlie sono preda dello straniero: la loro miseria va oltre l'immaginazione umana. Rifiuteremo loro il pane e il sale? E se questi mendicanti di cui stiamo facendo dei proscritti fossero in definitiva uomini come noi? Se le nostre mani non fossero più pure delle loro e le nostre coscienze non fossero più limpide delle loro coscienze? Se ci fossimo sbagliati? Se ci avessero mentito? Tuttavia su questa sentenza senza possibilità di appello, i vincitori ci chiedono di fondare il dialogo con la Germania, o piuttosto di rifiutarlo. Si sono impadroniti della spada di Geova e hanno scacciato il tedesco dalle terre umane. La rovina della Germania non bastava ai vincitori. I tedeschi non sono soltanto dei vinti, sono dei vinti speciali. In loro è stato vinto il Male: bisogna persuaderli che sono dei barbari, "i barbari ". Tutto ciò che stava accadendo, l'ultimo grado della miseria, una desolazione da diluvio universale, la patria sprofondata come Gomorra ed essi soli, erranti, attoniti, in mezzo alle rovine come all'indomani della fine del mondo, bisognava insegnar loro che era "fatto bene", come dicono i bambini. Era una giusta punizione del cielo. I tedeschi dovevano sedere sulle loro rovine e battersi il petto perché "erano stati dei mostri". Ed è giusto che le città dei mostri siano distrutte e così le loro donne e i figlioletti. E la radio di tutti i popoli del mondo, e la stampa di tutti i popoli del mondo, e milioni di voci da tutte le parti del mondo, senza eccezione, senza note false, si misero a spiegare all'uomo assiso sulle rovine perché era un mostro. Questo libro è rivolto a quei reprobi. Bisogna che sappiano che non tutto il mondo ha accettato ciecamente il verdetto dei vincitori : un giorno o l'altro verrà il tempo di appellare. I tribunali formati con la vittoria delle armi pronunziano soltanto sentenze effimere. L'opportunismo politico e la paura revocano già questi giudizi. La nostra opinione sulla Germania e sul regime nazionalsocialista è indipendente dalle contingenze attuali. Nello scrivere questo libro, abbiamo una sola ambizione: quella di poterlo rileggere tra quindici anni senza vergogna. Quando ci sembrerà che l'esercito tedesco e il partito nazionalsocialista abbiano commesso dei delitti, naturalmente li chiameremo delitti. Ma quando giudicheremo che le accuse portate contro di loro siano frutto di sofismi e di menzogne, denunceremo quei sofismi e quelle menzogne. Tutto ciò somiglia un po' troppo a un'illuminazione di teatro: si puntano i riflettori e s'illumina una scena, il resto rimane in ombra. É ora di accendere i lampadari e di guardare in faccia gli spettatori. In via preliminare, osserviamo subito che il processo fatto alla Germania, o più esattamente al nazionalsocialismo, ha una base solida, molto più solida di quanto sia generalmente creduto. Soltanto non è quella proclamata. Le cose, per la verità, sono molto più drammatiche di come vengono prospettate; il fondamento dell'accusa, il movente dell'accusa è molto più angoscioso per i vincitori. L'opinione pubblica e i mandanti delle potenze vincitrici affermano dì essersi eretti a giudici quali rappresentanti della civiltà ! É la spiegazione ufficiale, ed anche il sofisma ufficiale, giacché si prende per principio e base sicura proprio ciò intorno a cui verte la discussione. Soltanto alla fine del processo aperto tra la Germania e gli alleati si potrà dire da quale parte la civiltà fosse. Non certo al principio, e soprattutto non è una delle parti in causa che potrà dirlo. Gli Stati Uniti, l'Inghilterra e l'URSS hanno spostato i loro giuristi più sapienti per sostenere un ragionamento da bambini: "Da quattro anni la nostra radio ripete che siete dei barbari, siete stati vinti, dunque siete dei barbari". Giacché è evidente che il signor Shawcross, il signor Jackson e il signor Rudenko non fanno altro, quando dal pulpito di Norimberga si appellano all'indignazione unanime del popolo civile, indignazione provocata, sostenuta, condotta dalla loro propaganda e che può essere diretta come una nube di cavallette su qualsiasi forma di vita politica a loro non accetta. Ora, cerchiamo di vederci chiaro, di non prendere abbagli. Quell'indignazione prefabbricata è stata per lungo tempo ed è ancora il principale fondamento dell'accusa contro il regime tedesco. L'indignazione del mondo civile impone il processo, ne guida la condotta, e, infine, tutto: i giudici di Norimberga sono soltanto i segretari, gli scribi di quella unanimità. Ci mettono a forza occhiali rossi e c'invitano subito dopo a dichiarare che le cose sono rosse. Ecco un programma d'avvenire i cui meriti filosofici non siamo riusciti fino ad ora a catalogare. La verità è tutt'altra. Il fondamento vero del processo di Norimberga, quello che nessuno ha mai osato designare, temo sia la paura: è lo spettacolo delle rovine, il panico del vincitore. "Bisogna che gli altri abbiano torto". É necessario, perché se per caso essi non fossero stati dei mostri, quale peso immane avrebbero le città distrutte e le bombe al fosforo. L'orrore, la disperazione dei vincitori è il vero motivo del processo. Si sono velati il viso davanti alla necessità di certe cose e, per infondersi coraggio, hanno trasformato i loro massacri in crociate. Hanno inventato a posteriori il diritto al massacro in nome dell'umanità. Da assassini si sono promossi gendarmi. Si sa del resto che, da una certa cifra di morti in su ogni guerra diviene obbligatoriamente una guerra del diritto. La vittoria è completa soltanto quando, dopo aver forzato la cittadella, si conquistano le coscienze. Da questo punto di vista il processo di Norimberga è un mezzo di guerra moderna meritevole di essere descritto quanto un bombardiere. La stessa cosa era stata già tentata nel 1918, ma siccome la guerra fu allora soltanto una costosa operazione militare, bastò rifilare ai tedeschi la responsabilità dell'aggressione. Nessuno voleva essere responsabile dei morti. Si accollò tutto ai vinti obbligando i loro negoziatori a firmare che la Germania era responsabile della guerra. Ma questa volta, in un conflitto divenuto dalle due parti il massacro degli innocenti, non bastava ottenere dai vinti il riconoscimento dell'aggressione. Per giustificare i crimini commessi nella condotta della guerra, era assolutamente necessario scoprirne di più gravi dall'altra parte. Era necessario assolutamente che i bombardieri inglesi e americani apparissero come la spada del Signore. Gli alleati non avevano scelta. Se non affermavano solennemente, se non provavano con qualsiasi mezzo di essere stati i salvatori dell'umanità, non erano che assassini. Se un giorno gli uomini cesseranno di credere alla "mostruosità tedesca", non domanderanno conto delle città distrutte?

 

 

 

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