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Prefazione

 

Nel 1933, appena un paio di mesi dopo la presa del potere da parte dei nazionalsocialisti, uscivano in Germania le prime leggi razziali.
Erano provvedimenti modesti, rivolti esclusivamente ad ambienti ben determinati (pubblica amministrazione e libere professioni) e assoggettati ai desiderata del presidente Hindenburg che aveva imposto un trattamento di favore per alcune precise categorie. Scrive Gianantonio Valli nel suo La razza nel nazionalsocialismo:

 Consapevole dell’indifferibilità di provvedimenti a tutela interna e interna­zionale della nazione tedesca, il governo del Reich adotta rapidamente misure legislative per difendere gli interessi, i valori, il concreto sangue germanico. A ritorsione per il boicottaggio procla- mato dall’ebraismo internazionale a tempo indeterminato contro la Germania, il 31 marzo 1933 il ministro della Giustizia di Prussia, Hans Kerrl, emana il primo decreto di esclusione, limitando l’attività degli ebrei nel mondo legale […] Un decreto che esclude gli ebrei dall’amministrazione civile viene approva­to dal Consiglio dei Ministri il 7 aprile. La Legge per la Ricostruzione e la Semplificazione del-l’Amministrazione Civile dello Stato, firmata da Hitler, dal ministro degli Interni Frick e da quello delle Finanze Schwerin von Krosigk, prevede la messa a riposo di tutti i funzionari civili «che non siano di sangue ariano», ad eccezione dei militari che hanno prestato servizio al fronte nella guerra mondiale e delle persone i cui figli o padri sono caduti in guerra. Un successivo decreto dell’ 11 aprile, definisce «non ario» chi ha per genitori o per nonni degli individui non-arii, e par-ticolarmente degli ebrei. A tal fine è sufficiente che sia non ariano anche uno soltanto dei genitori o dei nonni. Alla stessa stregua viene considerata la discendenza extraconiugale, mentre l’adozione da parte di genitori ari non è riconosciuta valida agli effetti di conferire automaticamente all’adottato la qualifica di ario. La medesima legge dispone che nel caso in cui la discendenza ariana sia incerta debba venire richiesto il parere di esperti nominati dal ministero degli Interni. Questi provvedimenti valgono per tutti i funzionari pubblici del Reich, dei Länder e degli enti dipendenti, compresi quelli di diritto pubblico e gli istituti di assicurazione. La Reichsbank e le Ferrovie tedesche sono autorizzate ad applicare gli stessi criteri al proprio personale, criteri che, sia pure in modo «giudizioso», possono essere applicati anche nei riguardi degli avventizi. Il 30 giugno, viene approvata una legge sull’assunzione dei funzionari pubblici: «Chi non è di discendenza ariana o è sposato con persona di discendenza non ariana, non può essere assunto come funzionario del Reich. I funzionari del Reich che contraessero matrimonio con una persona di discendenza non ariana saranno licenziati». Nella considerazione della non-arianità «non è più decisiva una qualche fede religiosa od un nome, ma unicamente la discendenza, cioè l’appartenenza ad una data razza»

Erano, come si è detto, norme rivolte a ben determinati settori professionali ed economici della comunità ebraica e, in generale, non ledevano, eccezion fatta per i diretti interessati, i suoi interessi materiali. Tanto è vero che lo storico ebreo George Lachmann Mosse nel suo Il dialogo ebraico-tedesco – Da Göthe a Hitler poteva scrivere:

Eccettuati i liberi professionisti, poco fu fatto per indebolire la posizione economica della maggioranza degli ebrei tedeschi. È vero che tra il 1933 e l’autunno del 1937 furono espropriati i beni di pochi ebrei molto i vista e potenti, per lo più proprietari di giornali e di grandi magazzini, ma, malgrado il boicottaggio decretato il 10 aprile 1933, i commercianti ebrei continuarono a guadagnare di che vivere un’esistenza accettabile.

Per far comprendere alle cancellerie e all’opinione pubblica europee le buone ragioni della Germania (ed in parte per tranquillizzarle) uscirono alcuni scritti, anche in lingua inglese e francese. Il presente lavoro, pubblicato nel 1934 e dal titolo L’Allemagne en lutte pour la victoire de la culture occidentale fa parte di questo tentativo espletato dal governo tedesco per informare e rassicurare l’Europa.

Il tono è decisamente pacato e lungi dalle invettive nor-malmente usate dagli oratori del partito; le notizie fornite sono, nel contempo, comprovate ed interessanti e i dati statistici accurati e usati con abilità.

Nel complesso si tratta di un testo di agevole lettura che ci consente, seguendo passo passo la ricostruzione fatta dall’autore, di comprendere l’esasperazione che permeava molti strati della società tedesca e le motivazioni delle leggi razziali che erano dovute sia all’ideologia antisemita di Hitler e del suo partito, sia al comportamento di parte della comunità ebraica.

 

 

 

 

 

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