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Prefazione

 

 

Da sempre la propaganda americana e quanti si sono ad essa accodati hanno ribadito la tesi che le guerre dello Zio Sam – sia quelle scatenate autonomamente, sia quelle nelle quali è entrato, almeno ufficialmente, in un secondo tempo – hanno uno schema comune.
Gli Stati Uniti sono sempre stati costretti alla guerra da un evento gravemente oltraggioso che li ha colti sempre di sorpresa, strappandoli brutalmente al loro proverbiale desiderio di pace.

La giusta ira della nazione si è sempre abbattuta sui reprobi, mai sugli innocenti, ma, cessato il clangore delle armi, una pace, in linea perfetta con le universalmente riconosciute qualità americane, incentrata sulla bontà e sulla democrazia, ha sempre redento i cattivi e soddisfatto i buoni. Nessun conflitto, quanto meno nessun conflitto moderno, si è discostato da questo canovaccio, tanto meno la seconda guerra mondiale.

Certo, la fase dell’ira, per quanto motivata, giusta e chirurgica (l’uso del termine intelligente è  troppo moderno e mal si adatta all’operato della nazione d’oltreoceano) è terribile, ma, subito dopo, arrivano pane e libertà, corned beef  e democrazia, cioccolata e vecchi arnesi della politica e, soprattutto, Coca Cola (il baseball, grazie a dio, in Europa ci è stato risparmiato) per tutti.

Lo schema, ovviamente, regge solo se non può essere contraddetto.
L’immagine patinata e dalle morbide tinte pastello non può e non deve, pena l’incrinatura se non lo sgretolamento della finzione, assumere colorazioni più forti, tanto meno fosche.
E quando intervengono fattori e circostanze capaci di compromettere questa idilliaca visione?

La prima reazione (la più banale, ma al contempo, detenendo un’impressionante potere mediatico, la più efficace), consiste nel dimenticare e far dimenticare quanto esuli dalla visione idealizzata.  
Ma se, malauguratamente, qualcosa o qualcuno sfugge al controllo occorre allora, in primis, negare e, solo se le menzogne ed il potere che sta loro alle spalle non tacitano gli eretici, diventa allora necessario minimizzare, ridurre al minimo gli effetti negativi fornendo solo dati parziali ed edulcorati, negando che, quanto esula dalla sacra rappresentazione, abbia sortito un qualche esito e attribuendo, di contro, alla mentalità contorta e alla perfidia del reprobo l’aver dato vita e corpo, per scopi sicuramente spregevoli, a null’altro che voci o, nel peggiore dei casi, ad un’idea, forse discutibile, ma sterile, non avendo mai avuto seguito pratico.

Il piano Morgenthau non si discosta da questa way of life.
Non potendosene negare (per ovvi motivi) l’esistenza, la sua portata è stata ridotta ai minimi termini, la sua enunciazione stemperata oltre ogni comune senso del pudore e la sua reperibilità è stata resa (per il gran pubblico almeno) estremamente difficile e limitata a versioni ampiamente amputate, nel migliore dei casi quattro pagine sulle ventidue che compongono il documento. Chi oggi volesse trovarne almeno traccia dovrebbe faticare non poco.

La stragrande maggioranza dei manuali di storia, almeno in Italia (non diciamo tutti per un eccesso di prudenza), ignorano bellamente il progetto del ministro del Tesoro americano ed anche opere di più ampio respiro lo liquidano con poche, ma ben meditate parole. Prendiamo ad esempio la Storia del mondo moderno della Cambridge University Press, Milano, 1972, Volume XII, p. 982

Roosevelt persuase Churchill (prima dell’arrivo di Eden) durante una conferenza a Quebec ad accettare un piano straordinario elaborato da Morgenthau, il segretario americano del tesoro, e appoggiato da lord Cherwell, consigliere di Churchill per le questioni scientifiche. Questo piano aveva come scopo l’eliminazione delle “industrie, che sono causa di guerra” della Germania e la riduzione di essa ad un’economia soprattutto agricola e pastorale. Il Foreign Office si oppose violentemente a una cosa del genere, che avrebbe costretto gli alleati a mantenere una popolazione che sarebbe altrimenti morta di fame, e anche il presidente americano lo scartò presto.

L’unico aspetto degno di nota è l’accurata scelta delle parole riportate fra virgolette che tentano di dare un fondo di razionalità e di accettabilità ad un piano che di suo, in realtà, non ne poteva vantare...

 

 

 

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