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Prefazione

 

 

Sostenere che la storia venga scritta dai vincitori è affermazione tanto ovvia quanto banale.
Talmente ovvia che molti tendono, con sufficienza, a dimenticarne l'intrinseca e incontestabile verità.
Non stupisce che concetti preconfezionati e diffusi con innegabile capacità abbiano raggiunto le masse e, nel volgere degli anni, da una verità di parte, o nel migliore dei casi una delle possibili chiavi di lettura dell'accaduto, siano assurti a verità assoluta.

Stupisce, o almeno lo dovrebbe, che questa intossicazione intellettuale, diretta conseguenza dell'ingestione, o
forse indigestione, di tanta verità abbia contaminato anche gli storici, non tutti, evidentemente, ma quasi tutti certamente. Vogliamo qui menzionare, uno per tutti,l'acutissimo autore de Le origini della seconda guerra mondiale, A.J.P. Taylor, il quale non lascia dubbi circa il suo pensiero riguardo all'ipocrita messa in scena giudiziaria.

Anche studiosi culturalmente preparati e, almeno in teoria, vaccinati nei confronti di miti, leggende o banali falsificazioni, in grado di smascherare con ardite ricostruzioni storiche, documenti alla mano, le tesi truffaldine che incontrano sul loro cammino, accettano acriticamente, supinamente, le verità di Norimberga. Ambizione personale, conformismo e fede politica non sono estranei all'acquiescenza.

Nei confronti del processo e della sentenza l'acriticità diventa norma, ignorare i documenti metodo, negare ogni basilare diritto agli imputati ed ai loro difensori punto d'onore. Così e solo così la verità ha potuto, e può trionfare.

Non argomentazioni faziose o discutibili, ma i documenti, vale a dire gli atti processuali, volutamente ignorati e trascurati dagli storici, ci consentono di mostrare il vero volto di questa pantomima pseudo giudiziaria passataalla storia sotto il nome di " Processo ai maggiori criminali di guerra".

La sentenza, dopo aver colpito gli imputati, non ancora sazia, ha condizionato, in progressione, una nazione intera, un continente, il mondo. Quasi animata di vita propria, una vita che in modo parassitario progredisce solo a scapito di quella altrui, a distanza di anni, e quanti, è ancora attiva e pronta a ferire chi non uccide.

Fonte di grande ispirazione intellettuale ha indotto i governanti di un paese, a noi vicino e non solo per contiguità geografica e linguistica, a promulgare una legge che punisce chi solo osi mettere in discussione o, estrema ingiuria, criticare o contraddire questa criticabile e contraddetta sentenza che ha, dal canto suo, fatto strame del diritto.

Porter ha affrontato, con coraggio e bravura, la smisurata mole del dibattimento e, senza lasciarsi abbagliare da tanto falso fulgore, è riuscito a coglierne la follia, la prevaricazione, l'improvvisazione ed il pregiudizio. Grazie al suo lavoro ed alla paziente e capace ricerca di Reynouard siamo oggi in grado di mostrare, noi si al di là di ogni ragionevole dubbio, come Norimberga sia stata la mera vendetta dei vincitori e non un atto, come avrebbe potuto e dovuto essere, di giustizia.

Il lettore italiano, finora penalizzato dalla mancanza degli atti processuali redatti nella sua lingua, potrà finalmente entrare nell'aula 600 della Further Straße e, presente in spirito, ascoltare le assurde elucubrazioni della pubblica accusa, russa, francese, inglese o americana non importa, le risposte talvolta ferme, in altri casi balbettanti o sdegnate di chi si giocava, con quelle poche parole, la vita.

Per meglio seguire il dibattimento abbiamo ritenuto utile nserire un'esaustiva cronologia che ricostruisca, giorno per giorno, gli avvenimenti ed al contempo offra un quadro d'insieme. Un dettagliato elenco dei protagonisti, giudici, procuratori, imputati e difensori correda il volume e costituisce un autentico chi è del processo di Norimberga.

Da un punto di vista puramente editoriale, tecnico diremmo, l'edizione francese ed inglese del lavoro di Porter,potendosi avvalere dei verbali redatti nelle lingue indicate, è stata sicuramente di più rapida esecuzione; circaquella italiana ci preme segnalare che i brani riportati in corsivo sono l'esatta traduzione del verbale stenografico,la sigla TMI sta ad indicare la fonte, vale a dire il Tribunale Militare Internazionale, il numero romano fa riferimento al volume citato, quello arabo alla pagina.

Ci sia infine consentito ringraziare Carlos Porter non solo per la sua ricerca, ma anche per l'immediata disponibilità dimostrata a chi scrive nel consentire la pubblicazione delle sue opere in lingua italiana, lingua che ben conosce ed ama.

 

 

 

 

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