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Un Camilleri tutto da scoprire
Lo scrittore ha pubblicato un giallo strano. Basato su documenti d'epoca. E spiega qui come decifrarlo Davvero insolito il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, lo scrittore
campione d'incassi con un record di due milioni di copie vendute. Si intitola
La scomparsa di Patò (Mondadori) e racconta come, oltre cent’anni
fa, durante la rappresentazione della Passione di Cristo, tal ragioniere
Antonio Patò sarebbe precipitato dentro una botola scomparendo per
sempre. Inghiottito dal nulla.
Silvia Sereni Donna Moderna, 29/11/2000 |
Il commissario Montalbano ha i baffoni alla messicana e un accento inequivocabilmente siciliano. Niente pelata alla Luca Zingaretti, il suo interprete televisivo, ma i modi spicci, l'appetito e la terminologia sono quelli disegnati da Camilleri. È Il cane di terracotta in versione cd rom, un cartone animato interattivo realizzato da Sellerio, editore di Camilleri, e da Im Media che sarà presentato a Palermo il 7 dicembre. Si tratta di un gioco da computer che consente al giocatorespettatore di interagire con la storia raccontata e di partecipare all'inchiesta del commissario. Un clic del mouse permette di scegliere fra le varie opzioni offerte dalla narrazione: si può decidere di dare un appuntamento immediato alla «gola profonda» di Montalbano oppure di aspettare in commissariato, ma una scelta sbagliata rispetto al testo del romanzo farà lampeggiare sullo schermo la finestrella Malafiura, che in siciliano significa brutta figura. La parola d'ordine di Antonio Sellerio, curatore del progetto, è, infatti, fedeltà assoluta al romanzo. Col cd rom, del costo di 36 mila lire, sarà venduto anche un vocabolario vigateseitaliano. Una curiosità: fra i quaranta personaggi del Cane di terracotta ce n'è uno, il preside Burgio, che ha le fattezze proprio di Andrea Camilleri. M. D. C.
Novità in vetta alla classifica di questa settimana: Andrea Camilleri con "La scomparsa di Patò", la storia del tentativo di far luce sulla misteriosa sparizione di un ragioniere durante una rappresentazione sacra, fa il suo ingresso in classifica conquistando immediatamente la prima posizione. Ormai puntualmente ogni suo libro diventa un caso editoriale. Una nuova entrata si rintraccia anche al decimo posto: si tratta di Roberto Gervaso con "Appassionate", ritratti di quattordici donne, dominatrici o dominate, comunque protagoniste del loro tempo. In salita Bruno Vespa con "Scontro finale" e Maria Venturi con "Incantesimo", mentre Luis Sepúlveda si conferma in settima posizione con "Le rose di Atacama". Perdono alcune posizioni Paulo Coelho con "Il diavolo e la Signorina Prym", che scende in seconda posizione, e Ken Follett, al terzo posto con "Codice a zero". In discesa anche "Gli arancini di Montalbano" di Andrea Camilleri (quinto), "Solstizio d'inverno" di Rosamunde Pilcher (sesto) e Vittorio Messori con "Dicono che è risorto" (nono). Ricordiamo che la classifica è stata effettuata dall'Istituto Cirm esplorando sessanta librerie a rotazione, tra cui alcune del Gruppo librerie informatizzate Libris. La settimana di rilevazione va dal 15 al 21 novembre.
Una giornata dedicata al romanziere
Leonardo Sciascia nel 1947 è disposto a pagare diecimila lire pur di pubblicare il suo primo libro. Lo scrive un suo amico libraio di Caltanissetta a Luisa Saracinelli Ciuni, titolare della più importante libreria di Palermo. Seguono una serie di telefonate, per trattare il prezzo e le copie, e poi una seconda lettera. «Sciascia non è in grado di sostenere un costo superiore, però è disposto a dimezzare la tiratura da 1000 a 500». Alla fine non se ne fa niente e lo scrittore di Racalmuto pubblica, a pagamento, i suoi primi due libri (Le favole della dittatura nel 1950 e La Sicilia e il suo cuore nel ' 52) con l' editore romano Bardi. «Leonardo sborsò di tasca sua 80 mila lire per ognuno dei due libri», ricorda il suo amico di adolescenza Stefano Vilardo. «Con l' editore lo aveva messo in contatto il poeta Mario Dell' Arco che scriveva in vernacolo romano». È uno Sciascia segreto quello che viene fuori nel convegno conclusosi ieri nel suo paese natio in occasione dell' undicesimo anniversario della morte. Gli amici, ai margini delle relazioni ufficiali, danno la stura ai ricordi. E lo scrittore ritrova così soprattutto una sua dimensione umana. Eccolo regista, mentre mette in scena nel bellissimo teatro di Racalmuto I nostri sogni, una delicata commedia sulla gioventù che passa, di Ugo Betti. «Era il 1943 ricorda Aldo Scimè, presidente della fondazione intitolata allo scrittore e Leonardo si cimentò nella regia. Fu un successone e con l' incasso comprammo maglie di lana per i nostri soldati in Russia. Poi, cominciò a insegnare e a scrivere e rinunciò al cinema e al teatro che erano al centro delle sue aspirazioni». Il teatro, dopo anni di degrado, sta per essere riportato agli antichi splendori. A marzo, finito il restauro, verrà riaperto. «Perché non inaugurarlo mettendo in scena proprio la commedia di Betti?», suggerisce il pittore Gaetano Tranchino, che di Sciascia ricorda la "dialettica del silenzio". «Parlava con impercettibili movimenti del corpo. Un battito di ciglia, un sorriso ironico, valevano più di tante parole. Mi metteva soggezione». Sciascia non guidava e per i suoi giri nelle gallerie palermitane e per le sue scorribande nell' isola in cerca di tesori d' arte nascosti si avvaleva dei mezzi degli amici. In tanti si contendevano l' onore di fargli da autista: Stefano Vilardo, il critico Natale Tedesco, l' avvocato Angelo Perna, il giudice Franco Nasca, il poeta dialettale Nino De Vita. Deve essere una tradizione tutta siciliana quella degli artisti senza patente. Anche Bufalino era appiedato. E anche Consolo lo è. È l' autore del Contesto a spingere Andrea Camilleri a scrivere. Il padre di Montalbano gli porta un fascio di documenti su una strage accaduta a Porto Empedocle suggerendogli di scrivere un libro. Ma Sciascia lo esorta a scriverlo lui. «Ma io non so scrivere come te», si schermisce Camilleri. La risposta non ammette repliche: «Per questo devi scriverlo tu». Sciascia era anche un grande cuoco («Alla Noce cucinava una pasta al tonno impareggiabile», ricorda il pittore Piero Guccione) e un allegro compagnone. Alcuni scherzi organizzati dalla sua comitiva di amici intellettuali sono rimasti famosi. Come quando spediscono fino a Catania un docente con velleità letterarie a un falso appuntamento con un vero editore. O come quando assecondano Natale Tedesco, che si crede un grande intenditore di vino. A casa di Sciascia gli fanno degustare il vino da una bottiglia senza etichetta. Lui sentenzia: è un Corvo di Salaparuta del 1930. Tutti strabiliati ad applaudire. Il poveraccio non sospetta che la combriccola si è messa d' accordo per confermare qualsiasi marchio e annata avesse detto.
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La Sicilia ,18 novembre 2000
Montalbano ciak a Modica MODICA (RAGUSA) - Ieri, la ripresa di un funerale ripetuta una decina di volte. Oggi, riposo per gli attori, sopralluoghi e preparazione delle prossime scene per i tecnici con in testa il regista, Alberto Sironi. Eccola qui, la terza serie di quel simpaticone, furbacchione, insomma "siciliano è", Commissario Montalbano, fortunata serie televisiva prodotta dalla Palomar per Raidue, uscita pari pari dagli altrettanto famosi libri di Andrea Camilleri. Questa volta Vigàta si è "trasferita" a Modica, almeno per qualche giorno. Il ciak è schioccato a Villa Denaro Papa, una delle tante patronali disseminate nella campagna circostante la città, poi sotto la collina dell'Idria - una delle quattro che sovrasta Modica Bassa - e al duomo di S. Giorgio. La cura dei particolari, soprattutto per quanto riguarda l'audio in presa diretta, hanno costretto Sironi a far ripetere diverse volte le singole scene. Una volta il trillo di un telefonino (anche qui!), o la sirena in lontananza di un'ambulanza hanno prolungato la sosta dell'intera troupe davanti alla sommità della scalinata che da Corso Garibaldi arriva lassù, in cima ad uno dei simboli del barocco siciliano, a due passi dalle case che dettero i natali ad un premio Nobel come Salvatore Quasimodo e ad un filosofo-scienziato fra i più illustri del settecento come Tommaso Campailla. Tra Ragusa (altro duomo di S. Giorgio), Modica e Scicli (il palazzo comunale che diventa commissariato per l'occasione, più alcune case nobiliari) si girano le scene di "La gita a Tindari", ultimo episodio pubblicato sul singolare investigatore Montalbano, ormai giunto sulla soglia della mezza età, ma sempre alle prese con un altro caso intricatissimo, stavolta zeppo di morti ammazzati e sparizioni senza un perché apparente. Successivamente, Sironi & C. , che si tratterranno in Sicilia fino a dicembre inoltrato, gireranno una fiction tratta da "Un mese con Montalbano", libro a episodi che due estati fa Camilleri firmò appositamente per Mondadori. Gli altri successi, infatti, sono editi da Sellerio. Ma la vera star è lui, "Montalbano sono!", ovvero Luca Zingaretti, attore romano ma siciliano per esigenze cinematografiche e a furor di popolo che, come ogni attore legato al successo del proprio personaggio, fa fatica a smettere i panni del nostro eroe sbanca - auditel. Tra una scena e l'altra, il pubblico lo acclama. Si tratta per lo più di studenti che ufficialmente hanno disertato le lezioni per protestare contro il caro autobus, ma che in realtà si sono dati appuntamento al luogo che rivedremo in tutto il suo splendore sui teleschermi. Fanno la fila per chiedere l'autografo o farsi scattare una foto insieme ad una persona dimostratasi gentile e disponibilissima, fanno silenzio al grido del regista: "Azione!". Confusi fra gli spettatori, le comparse attendono il loro turno. Se non fosse per il nipotino che gli strattona la tonaca chiamandolo "nonno", il prete l'avremmo scambiato per quello vero. Li segue attentamente Pasquale Spadola, attore teatrale ragusano, punto di riferimento per tutte le troupe che selezionano il cast locale e che scelgono il paesaggio ibleo quale scenario da set. Iniziò Luigi Zampa, nel dopoguerra, con "Anni difficili", protagonisti Massimo Girotti e una giovanissima Delia Scala. Per finire fino a "Marianna Ucria" di Roberto Faenza e "L'uomo delle stelle" di Giuseppe Tornatore, passando per "Un matrimonio all'italiana", il capolavoro di Pietro Germi che diresse nell'occasione un superlativo "Don Antonio" Marcello Mastroianni. La troupe del "Commissario Montalbano" si trasferirà martedì a Scicli per girare alcune scene all'interno del municipio e in un'antica casa che dà sulla centrale piazza Italia. Il 27 tornerà a Modica prima di spostarsi nell'agrigentino. Antonio Casa |
Nessun cambiamento questa settimana alla vetta della top ten, forse in attesa dei sommovimenti che sicuramente si osserveranno in periodo di strenne natalizie: Paulo Coelho con Il diavolo e la Signorina Prym (primo), Ken Follett con Codice a zero (secondo) e Andrea Camilleri con la versione supereconimica de Gli arancini di Montalbano confermano le posizioni conquistate la settimana scorsa. A dare un po' di movimento alla classifica ci sono però due nuove entrate: Bruno Vespa che arriva subito al quinto posto con Scontro finale, la ricostruzione dei fatti che hanno portato al duello RutelliBerlusconi, e una storia d'amore tra due persone che si incontrano nel momento sbagliato, Incantesimo, di Maria Venturi che entra tra i libri più venduti della settimana al nono posto. In salita Rosamunde Pilcher con Solstizio d'inverno (quarto) e Dicono che è risorto, di Vittorio Messori, che si colloca in sesta posizione. Al contrario perdono quota Le rose di Atacama di Luis Sepúlveda (settimo), Harry Potter e la pietra filosofale di Joanne K. Rowling (ottavo) e L'uomo della mia vita di Manuel Vázquez Montálban (decimo). La classifica è stata effettuata dall'Istituto Cirm esplorando 60 librerie a rotazione.
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Il Secolo XIX, 14/11/2000
Intervista con Andrea Camilleri
"La scomparsa di Patò" è un collage di documenti. Finti, frutto di pura invenzione, ma documenti: lettere, verbali, rapporti, proclami, articoli di gazzetta. Non c'è alcuna parte in presa diretta, romanzata… Ho voluto tentare una sperimentazione, portando all'estremo quel che avevo fatto in libri come "La concessione del telefono", dove i "documenti" avevano già una forte importanza. In "Patò" se il lettore vuol costruirsi un'immagine di un personaggio lo può fare traendola da quello che ognuno scrive, dal suo linguaggio… per questo i linguaggi sono fortemente differenziati, da quello aulico del sottosegretario Pecoraro Grand'Ufficiale Artidoro al rapportino stilato dal maresciallo dei carabinieri. Così scompare quasi completamente il siciliano "alla Camilleri". E' stata una necessità. Dovendo fingere di riportare articoli di giornale, documenti interni e rapporti di polizia, non potevo che utilizzare l'italiano. Ma anche qui non sempre lo stesso italiano: ho sperimentato un italiano di alto e basso livello. Qua e là riemerge un po' del siciliano alla Camilleri. Una lingua che rileggeremo? Non c'è dubbio. Come ha ricostruito questo italiano aulico, burocratico, pretenzioso ed esilarante? Ho un prezioso dizionario, "Elenco delle parole in disuso", pubblicato nel 1920. Quindi parole ottocentesche, già in disuso all'inizio del Novecento. Per me è una miniera. Comunque, il linguaggio della burocrazia ha imperversato fino a noi. Quando avevo dieci anni, mio padre trovò in una comunicazione ministeriale la parola "oscittanza". Ne ignoravamo il significato. Dal professore di italiano seppi che significava "esitazione". Ho usato "oscittanza" in un libro. L'incomprensibilità del potere fa parte del gioco. Il linguaggio burocratico o "alto" diventa un linguaggio sacerdotale, un gioco di esclusione. Così il cittadino ne rimane terrorizzato. Una volta dimenticai di pagare una rata di un'enciclopedia. Mi arrivò un avviso che conteneva l'espressione "sorte capitale". Roba da domandarsi se ti tagliano la testa. L'espressione si riveriva agli interessi, ma l'effetto era notevole. S'è divertito molto nel distribuire i nomi dei personaggi. Lo confesso. Questo Franco Lo Forte che fa Ponzio Pilato nella sacra rappresentazione del Mortorio, come viene fuori? Beh, beh…come un caso. Un caso e una necessità. Suvvia, Franco Lo Forte è uno dei pubblici ministeri del processo ad Andreotti… Cose che capitano… Bernardo Provenzano, omonimo dell'inafferrabile boss mafioso, che recita nel "Mortorio"? Eh, eh. E c'è anche Filippo Mancuso, ex Guardasigilli. Ah, ma Filippo Mancuso c'è sempre, nei miei libri. E' la terza volta che appare. Ci sono affezionato. Con tutto il rispetto per la persona, Filippo Mancuso è proprio di quelli che certo linguaggio aulico non l'hanno mai abbandonato. E c'è anche un "Andrea Camilleri insegnante". E' un omaggio a Sciascia, che una volta disse "io sono un maestro elementare". Sciascia stimava molto il ruolo del maestro elementare in Italia. Anch'io. Il gioco delle citazioni non si limita a nomi attuali, la principessa Piovasco da Rondò… Da Italo Calvino, naturalmente. E Sciascia ritorna in una citazione indiretta… Certo: quando il delegato di Pubblica Sicurezza vuole risalire al giornale dal quale sono state ritagliate le lettere per comporre la lettera anonima, il procedimento che usa è esattamente lo stesso di "A ciascuno il suo". E poi, c'è questa citazione in trasparenza del "Fu Mattia Pascal" di Pirandello, la doppia vita di Patò: "Patò spirì, spirì Patò, cu l'ammazzò?"… Giusto, il Mattia Pascal è molto presente. Non possiamo non dirci pirandelliani. Questo suo libro ha molte chiavi… Ma si può leggere anche solo come divertissement. Qualcuno trova Pirandello un po' superato. Io no. Ho appena terminato di scrivere una biografia su Pirandello, una biografia molto parziale: concentrata sul suo rapporto col padre. Pirandello aveva un rapporto terribile, conflittuale, con il padre, poi questo rapporto improvvisamente cambia. Io mi chiedo perché. Il rapporto con il padre, in Sicilia, è un nodo fondamentale dell'identità, più che altrove. Sicuramente. Forse per questo sono attirato ad indagarlo. La biografia analizza documenti, immagino, e lettere… Terribili lettere. Lei che ricorre così tanto all'epistolario sia nei romanzi che, ora, in un saggio, scrive molte lettere personali? Mai. Mai scritte. Io sono della generazione del telefono. Poi è venuta la generazione dell'email superata da quella del "messaggino" sul cellulare. La morte della comunicazione scritta. Sopravviveranno solo i grandi epistolari, Petrarca, Abelardo e Eloisa… Senta come va con il commissario Montalbano? E' diventato ingombrante? No, no, gli voglio sempre bene. Lui è esigente, per forza. Dice: io ti ho dato il successo, quindi tu mi devi tanto. Per questo prevarica un po', soprattutto altri personaggi. E' un po' cannibale. Che fa, lo uccide? Neanche per sogno, io sono contro la pena di morte sempre, anche in letteratura. Non mi va di uccidere i miei personaggi, meno che mai Montalbano. Ho già dovuto sacrificare con dolore il suo amico Gegè, per far sparare a Montalbano almeno un colpo di pistola, altrimenti non avrebbe sparato mai… Beh, allora lo fa sposare con Livia. Non lo so. Ci penso. Sì e no. Non ho deciso e questo mi dà un meraviglioso senso di onnipotenza. Non sempre gli scrittori sono liberi di far morire i propri personaggi. Lo so bene. Anche Conan Doyle cercò di buttare Sherlock Holmes giù da un burrone. Ma ricevette tante proteste che fece ritornare su Holmes. E se Montalbano morisse, come morirebbe? Oh, sono sicuro: in modo borghesissimo. Erika Dellacasa |
CON il titolo "Un teatro lungo una vita" esce un CdRom dedicato a Eduardo De Filippo, accompagnato da un libro sulle sue esperienze radiotelevisive. Antonella Ottai è l'autrice dei due prodotti, targati Rai e Eri (con la collaborazione del Centro Teatro Ateneo) utili per diffondere la conoscenza di Eduardo nell'anno del centenario (19001984). Per presentare "Un teatro lungo una vita" alla Rai c'erano anche gli eredi (Luca De Filippo e Angelica Ippolito) e il ministro dell'Istruzione, Tullio De Mauro. Quest'ultimo, come linguista ha ribadito che «c'è un gran bisogno di valori condivisi, alle soglie di una campagna elettorale tutta giocata sulle divisioni e nel segno del "non me piace Îo Presepe". E Eduardo è un valore condiviso, come pochi altri, come gli spaghetti o le vittorie della Nazionale». Il CdRom rispetta la poliedrica attività di Eduardo: autore, regista, attore in teatro, cinema, tv e radio. Una serie di «percorsi guidati» consente di attraversare la sua opera, di ascoltare la sua voce, di vedere alcune sequenze delle sue commedie; ed anche di «visitare la famiglia teatrale dalla quale prende le mosse; di sostare al caffè, dove si raccontano i suoi aneddoti, di leggere documenti e testi; di muoversi dentro i teatri e le strade di Napoli che più lo ricordano». Fra gli interventi quelli di Andrea Camilleri e Aldo Nicolai, che per la Rai collaborarono al ciclo di registrazioni televisive del 1961, scoprendo un Eduardo non solo di grandissimo professionismo artistico, ma anche di grandi doti umane. «Quanto al nostro primo incontro sull'isola di Lisca, davanti a Positano, non lo riveleremo qui» ha detto Camilleri «Forse finirà nella prossima commedia di Nicolai e in uno dei miei prossimi racconti». E lo stesso Camilleri insieme a Barbara Scaramucci, direttrice delle Teche Rai, hanno affrontato la questione della commedie cancellate dalla Rai: avvenne tutto nei primi mesi in cui si usava la registrazione magnetica e i nastri costosissimi venivano riutilizzati; qualcuno cancellò anche "Sabato, domenica e lunedi" e "Sik, Sik l'artefice magico". In chiusura Luca De Filippo, con la laconicità che lo ha reso famoso, ha ringraziato dichiarando il suo desiderio «che Eduardo venga ricordato e divulgato presso le nuove generazioni». Angelica Ippolito ha aggiunto una nota privata, leggendo la lettera che Eduardo (che sposò sua madre Isabella) le indirizzò in un uno dei momenti più tristi della sua vita: quando suo padre, lo scienziato Felice Ippolito, fu coinvolto in uno scandalo e arrestato.
Sono tre le novità nella classifica di questa settimana. Fra i primi dieci libri più venduti arriva al terzo posto la versione supereconomica de Gli arancini di Montalbano (Mondadori), un libro di Andrea Camilleri che raccoglie una serie di racconti dedicati alle inchieste del commissario di Vigata. Per Camilleri non si tratta, ovviamente, di una novità. Il suo nome figura con assoluta continuità nelle classifiche, sia quella generale che quella della narrativa italiana. Inoltre è atteso per i prossimi giorni un nuovo romanzo dello scrittore agrigentino. Al quinto posto si piazza un'altra campionessa di best seller, Rosamunde Pilcher, della quale è appena uscito il nuovo romanzo, Solstizio d'inverno (Mondadori). Terza novità è Dicono che è risorto, un libro dello scrittore cattolico Vittorio Messori (edito da Sei) che si presenta come un'indagine sulla Resurrezione di Cristo. L'altro cambiamento in classifica riguarda il vertice, dove Il diavolo e la signorina Prym di Paulo Coelho (Bompiani), alla sua terza settimana in graduatoria, scalza dal primo posto Codice a zero di Ken Follett (Mondadori). Ricordiamo che la classfica dei libri è stata effettuata dall'Istituto Cirm esplorando sessanta librerie a rotazione, tra cui alcune del Gruppo librerie informatizzate Libris.
Da Biagi a Camilleri, da Celli alla Hack, tra i vip un coro di nostalgia per le vecchie elementari
E il neuropsichiatra Bollea avverte: "Prima di rompere il vecchio modello, mettiamoci dentro programmi nuovi. Poi si vedrà" I PERSONAGGI
ROMA - Se lo ricordano tutti, il nome. Della "signora maestra". O del "signor maestro". Sarà un caso? No, ovviamente. Il nome lo sussurrano con nostalgica empatia. Lo evocano subito, e si capisce che non è un ricordo remoto da disseppellire. Il "maestro" è sempre lì, e ha segnato la tua storia. La tua carriera. La tua vita. Come le elementari, lui "non può sparire". Enzo Biagi: "Il mio si chiamava Dallari, maestro Dallari. In quinta ci faceva il cinema a scuola. Il "segno di Zorro", mi pare ancora di vederla, la zeta sui muri... Era moderno, senza rompere le scatole. Senza sbandierarlo, cioè. Ti forgiava, ti accudiva... ci ha insegnato a vivere. Io, quasi contemporaneo del conte di Cavour, resto del parere, poi, che la sintassi non sia un pregiudizio borghese. E noi l' italiano lo imparavamo. Adesso c' è Internet, benissimo. Ma davvero c' era bisogno di buttar via le elementari?". è chiaro come la pensa Biagi. "L' educazione, a quell' età, più che nozioni è esempio. è presenza. Assorbi un modello di comportamento, non un principio enunciato. Serve un maestro, insomma, non un professore. Mi ricordo quando ebbi la scarlattina. Si moriva allora di scarlattina. Il maestro mi scrisse una lettera: caro Enzo Biagi, guardando il tuo banco hai lasciato un vuoto... io facevo gli scongiuri, mio padre piangeva commosso. Nel delirio della febbre credetti che mi avesse scritto Tarquinio Prisco. Ma mi sentii in un abbraccio d' affetto che non ho scordato". Pierluigi Celli, direttore generale della Rai: "Si chiamava Dellagiovampaola, era un maestro straordinario. Io ho fatto le elementari a Verrucchio, minuscolo paese di Romagna: lui, ogni pomeriggio, ci portava a casa sua, la classe intera, per continuare la scuola. Suggeriva a ognuno un tema da approfondire. A me faceva leggere tanti libri, perfino Steinbeck, le prime traduzioni degli scrittori americani... Avevo dieci anni. Per me, figlio di muratore, era un sogno". La riforma, come la vede un supermanager? "Per piantare un albero che generi folti rami, cioè per specializzarsi con successo, servono ampie e solide radici. Una formazione di base vasta e fertile. Non sono convinto che razionalizzare il tempo sia utile sempre. Bisogna anche, in principio, saperlo perdere. Non metter fretta ai giovanissimi perché si ultraspecializzino. Perder tempo dà la possibilità di sbagliare, e a volte sbagliare, e imparare dagli errori, è redditizio. La scuola di base deve continuare a insegnare anche questo. Sperimentare, sbagliare, correggersi". "Sciascia, quando gli diedero una laurea honoris causa, commentò: grazie, ma io sono un maestro, e tale rimango. Con la "m" minuscola, specificò. Un orgoglio ben mirato", osserva Andrea Camilleri, lo scrittore che in una scuola hanno scelto come libro di testo al posto del Manzoni. "Sulla riforma non posso prender posizione, non sono preparato. Le elementari furono cruciali anche per me. Ero figlio unico di una famiglia della buona borghesia. Andai alla scuola pubblica, tra pescatori e carrettieri che mi hanno insegnato la vita. Avevo un maestro con la minuscola, il "signor maestro Vinti"... una cosa è certa: un maestro sceglie questo mestiere per una vocazione che non necessita a un professore. Il "signor maestro Vinti" era imperturbabile. E quell' imperturbabilità mi ha fatto comprendere tante cose. Si metteva al nostro livello, non ci umiliava, eppure restava un mito. Io e il mio compagno di banco facemmo un gioco: infilare quante più parole in una riga. Una calligrafia da formiche. Lui, il maestro, non ci rimproverò. Accettò la sfida e ci disse: io sarei riuscito a metterne almeno due in più. Da quel momento sapemmo che con lui si poteva dialogare". Margherita Hack, astrofisica: "Quel che trovo comunque azzeccato, nella riforma, è la riduzione di un anno dell' intero curriculum scolastico. I nostri laureati arrivano sul mercato del lavoro a 27-30 anni, più tardi dei colleghi europei. Ma il vero guaio è che ci arrivano, spesso, senza saper scrivere in italiano. Sono più informati ma più ignoranti. Comunque, io le elementari le avrei lasciate così come sono. Casomai, renderei più severi gli esami e i controlli sul rendimento individuale". "è vero, non sanno scrivere...", sospira lo scrittore Marco Lodoli, professore in un professionale romano. "E non sanno leggere, anche le cose semplici". Lui aveva la maestra Castelli, una "mamma" paziente. "Si sta facendo ancora molta teoria, molto esercizio accademico su questa riforma. La scuola quotidiana è da riempire poi con altri gesti, anche minimi ma essenziali. Che suscitino ammirazione, imitazione. Educazione". Giovanni Bollea, decano della neuropsichiatra infantile: "Facciamoli pure iniziare a cinque anni, che l' ultimo anno dell' asilo è una noia. Ma per favore non distruggiamo il ciclo elementare. Portiamolo a sei anni, invece, e poi quattro di medie e quattro di superiori. Attorno ai 10-11 anni i bambini cominciano a ragionare come i grandi, in modo deduttivo e non più solo induttivo. Lo stacco esiste e non ha senso abolirlo. I ragazzini oggi sono più svegli di vent' anni fa? Vero, ma questo aiuta a ridurre il trauma del passaggio alle medie inferiori. Un contenitore unico, per i sette anni "di base", non era urgente né auspicabile. Prima di rompere il vecchio modello, mettiamoci dentro programmi nuovi. Poi si vedrà".
Nessuna novità in una classifica che è quasi fotocopia della precedente. Tutti rigorosamente stranieri, a conferma d'una crescente inclinazione dei nostri lettori per la letteratura non di casa propria. Peccato per il bellissimo libro di Giuseppe Pontiggia, «Nati due volte», che nonostante la permanenza in vetta nella tabella della narrativa italiana non riesce a sfondare nella top ten generale. Così s'assiste al paradosso che l'ultimo degli autori stranieri il francese Jacq con «Paneb» precede il primo degli italiani, Pontiggia appunto. Tra gli stranieri, primeggiano quelli d'area anglosassone, a cominciare da Ken Follett, un maestro del genere "bestseller", per chiudere con l'inglese Rowling, la mamma del fortunato Harry Potter che continua a d avere un grande seguito tra i ragazzini di tutto il mondo. Tra gli italiani, gli autori più venduti sono sempre gli stessi. Camilleri continua a spopolare con ben quattro titoli tra i primi dieci della nostra narrativa. Anche Baricco si difende, con «Oceano mare», in ottava posizione e «NovecentoÝ un monologo», sesto dei tascabili. Tra i supertascabili arriva primo De Carlo, con «Nel momento». Ricordiamo che la classifica è stata realizzata dall'Istituto Cirm, esplorando sessanta librerie a rotazione tra cui alcune del Gruppo Librerie Informatizzate Libris. La settimana di rilevazione va dal 25 al 31 ottobre ottobre.