Marcello Fois è nato
a Nuoro nel 1960. Scrittore e autore teatrale, sceneggiatore per la TV,
attualmente vive e lavora a Bologna.
Granata Press (1992) NOTA alla ristampa (Einaudi - Tascabili, 1999) Quando ho iniziato a scrivere
Ferro
Recente non sapevo che sarei diventato uno scrittore. Forse è
cosí che succede: uno ha una storia che gli urge, che preme per
uscire, che vuole essere scritta e la scrive. In qualche modo Ferro
Recente si è scritta da sola, con furia, con rabbia. Non è
un buon metodo, non è un metodo che consiglierei, però è
cosí che è successo. Non ho piú provato lo stesso
sentimento di fronte a una storia: la certezza che mi avrebbe condotto
verso un viaggio senza ritorno. E' per questo che amo particolarmente questo
romanzo, anche se, quasi certamente, ora, dieci anni esatti dopo la sua
stesura, lo scriverci diversamente. Nessun pentimento beninteso, la storia
è quella che è, e tale resta: il racconto di un posto; il
tentativo di stabilire fino a che punto può resistere una cultura
millenaria di fronte alle malie della modernità. Una storia di terrorismo
in Sardegna, a Nuoro. Una storia di generazioni confuse, o, forse, troppo
coscienti rispetto a una crisi irreversibile. Una storia di ritardi e di
eccessi. L'ingenuità e l'incoscienza dell'esordiente mi hanno portato
a raccontarla senza preoccuparmi delle conseguenze e delle convenienze,
senza preoccuparmi della complessità del problema che stavo affrontando,
ma la questione allora mi si poneva relativamente, perché non credevo
che Ferro Recente sarebbe mai stato pubblicato. E invece fu pubblicato.
Come succede nelle fiabe editoriali lo spedii a un piccolo editore borghese,
Luigi Bernardi della Granata Press, e lui lo accettò. Subito, senza
problemi, senza rimaneggiamenti sostanziali. Mi telefonò e fissammo
un incontro. Mi presentai con dieci minuti di anticipo. Mi fece sedere
e mi disse che il mio romanzo era «buono» e che lui sarebbe
stato felice di pubblicarlo in una collana di giovani italiani di talento
che aveva selezionato in giro per l'Italia. Mi fece vedere due dattiloscritti
in cui credeva molto, erano Falange armata di Lucarelli e Pericle
il Nero di Ferrandino. lo sarei stato il terzo. Ora, che a dieci anni
di distanza, Ferro Recente viene rieditato dalla casa editrice a
cui la maggior parte di noi scrittori italiani tende piú o meno
sinceramente, mi pare doveroso dare a Berndardi ciò che è
di Bernardi: la mia riconoscenza e il mio affetto. Come ho cercato di raccontare
in Ferro Recente ci sono sentimenti che nessuna modernità,
per quanto cinica e impietosa sia, riesce a cancellare.
PREFAZIONE di Carlo Lucarelli Un delitto improvviso, apparentemente
inspiegabile e inspiegabilmente feroce: due ragazzi aggrediti e massacrati
mentre fanno benzina a un self-service sulla statale per Nuoro e poi "graziosamente"
composti di fronte alla loro Alfa targata Bologna.
Einaudi (1993) (ristampa Einaudi - Tascabili, 2000) "C'era un cespuglio di mirto,
un cumulo di terra nera e leggera appena smossa, una piccola mano rinsecchita
che affiorava dal
Il corpo di una bambina ritrovato
in un bosco durante una battuta di caccia, una donna finita in carcere
per avere assassinato a
Dopo Ferro Recente
Marcello Fois torna a raccontare una Sardegna dura e contraddittoria, una
terra di storie antiche e di nodi
Condaghes (1993)
PRESENTAZIONE di Giuseppe Marci Marcello Fois (Nuoro, 1960)
vive a Bologna dove si è affermato come scrittore di genere,
finoa
poter essere considerato "tra gli autori più promettenti della narrativa
noir
italiana".
Hobby & Work (1997) Recita un versetto della
Bibbia: Lo sheol, il regno dei morti, si commuove per te, aspettando
il tuo arrivo. Egli risveglia per te le ombre...
Il Maestrale (1997, ristampa 2002) Nulla è una cittadina
di provincia.
SEMPRE CARO Frassinelli – Il Maestrale (1998) Il Bustianu protagonista
di questo libro non è un personaggio inventato. Non avrei potuto
inventarlo per una serie di ragioni, non ultima il fatto che è realmente
esistito, si chiamava Sebastiano Satta, è nato a Nuoro nel 1867
e vi è morto nel 1914, faceva il poeta ed era uno dei pilastri del
foro nuorese come avvocato difensore. Ho ritenuto uno spreco inutile di
energie provare a inventarmi un personaggio dal momento che la storia della
mia città ne aveva uno bell'e pronto. Credetemi sulla parola: non
capita tutti i giorni. Bustianu, come la sua, e la mia, città lo
chiama tuttora con affetto, era il personaggio perfetto e calzava come
un guanto alla mia idea di "eroe". Perché per costruire una serie
di romanzi che abbiano lo stesso protagonista ci vuole un eroe... E
Sempre caro rappresenta, per così dire, il primo gradino, un'indagine
per un reato di abigeato, che trasporterà Bustianu dalla realtà
alla fìction. Un caso semplice quello narrato, tutto giocato sull'intuizione
e la passione di un uomo che è a metà fra la tradizione e
la modernità, in un tempo in cui non c'era il telefono, il fax,
il computer né si conosceva l'uso delle impronte digitali. In un
mondo, la Barbagia della fine dell'Ottocento, dove l'annessione a una nazione
moderna, l'Italia appena nata, era spesso sentita, non sempre senza ragione,
come una prevaricazione. Un romanzo dove gli elementi della tradizione
letteraria, anche ottocentesca, si mischiano al taglio "cinematografico"
nella scansione della vicenda. Il linguaggio è giocato sulla particolarità
bilingue della terra che ambienta e informa Sempre caro. Linguaggio
che non è italiano sardizzato né sardo italianizzato ma,
per citare Kundera a proposito di Chamoiseau, "l'espressione della libertà
di un bilingue che nega l'autorità assoluta di una delle due lingue
e ha il coraggio di disobbedire a entrambe". Bustianu avrebbe avuto questo
coraggio.
PREFAZIONE di Andrea Camilleri Davanti alla prefazione di un libro mi comporto in tre modi: la salto; la prendo in considerazione dopo aver letto il libro; la leggo prima solo se penso di trovarvi notizie e dati utili alla comprensione del testo. Quindi, venendomi a trovare nella posizione di prefatore, consiglio il lettore di far ricorso al secondo dei miei sistemi. Dia un'occhiata alla prefazione dopo aver letto questo romanzo di Marcello Fois, così io non avrò avuto la pretesa di guidare in qualche modo colui che legge, guadagnandoci invece la libertà d'esprimere la mia opinione che consiste in una sorta di commento personale alla lettura. Una prefazione che vorrebbe essere una postazione. Premetto due cose. Ho incontrato Fois solo due volte, abbiamo scambiato poche parole. Non avevo mai letto nulla di suo prima di questo Sempre caro. Dirò subito che la mia sorpresa è francamente notevole. E non lo dico per ragioni di circostanza. Dunque: in Sempre caro Fois racconta la storia di un'indagine, quella compiuta da un avvocato che deve difendere un giovane accusato di abigeato. Il giovane, inspiegabilmente, non solo si è dato alla latitanza, ma pare voglia distruggere le possibili prove a suo favore. Si tratterebbe perciò di un "giallo" sui generis, la cui particolarità è accentuata dal fatto che la vicenda ha luogo alla fine del secolo scorso ed è ambientata tra le aspre campagne sarde. Come si sa, un "giallo" non urbano è veramente perla rara. Ma da questo momento non parlerò più di "giallo", dire che questo di Fois sia un romanzo "giallo" suona riduttivo. Romanzo, semplicemente. E con tutte le carte in regola. Considerate, ad esempio, la struttura. Essa si avvale di almeno tre voci narranti: quella dell’autore, quella del padre dell’autore (che è colui che narra la storia) e quella dell’avvocato-investigatore. Questo comporta una singolare giustapposizione di angolature prospetticbe (spia ne è il passaggio continuo dalla prima alla terza persona) e un'affascinante scomposizione del tempo narrativo. Poi c'è il fascino della scrittura di Fois, che consiste in una sapiente, calcolatissima commistione tra lingua e dialetto. "Quando cerco una parola che abbia un suono diverso, che porti anche una specificazione più precisa, uso il sardo. Credo che questo sia il contributo che ogni etnia regionale dovrebbe portare." Queste sono parole di Sergio Atzeni. L’abilità di Fois consiste nell’usare la lingua come una sorta d'incastonatura atta a ricevere la parola dialettale per renderla appunto di "specificazione più precisa" senza però che quella parola brilli come un diamante solitario e sia invece perfettamente innestata nel continuum del racconto. Infine, rileggetevi, che so, la sequenza che inizia con "Me ne andavo così, apparentemente senza una meta precisa", oppure l’ultima, che inizia con "Ed ecco un’altra estate". Bene, qui, sornionamente, Fois lascia travedere l’altro suo volto, quello di un poeta autentico. Non mi era capitato, negli ultimi tempi, d’imbattermi in un narratore che avesse un così profondo, lucreziano direi, senso della natura e insieme la capacità di trasmettercelo.
Frassinelli (1999) 1995
1945
Una sera di marzo di qualche anno fa guidavo da Bologna a Ferrara. Mia moglie era in macchina con me. Imboccata l’autostrada ci sorprese la nebbia, come una secchiata di vernice bianca sul parabrezza. Tentai di fermarmi. Mia moglie, che in mezzo alla nebbia ci è nata, mi consigliò di proseguire. Non le diedi ascolto e bloccai la macchina in quella che mi pareva essere una corsia d’emergenza. Quando uscii dall’abitacolo mi avvolse completamente, nello spazio di qualche passo già non ero più in grado di vedere la sagoma dell’automobile. Durò solo qualche secondo, ma bastò perchè provassi il terrore più profondo che avessi mai sperimentato. La mie coordinate spaziali erano definitivamente compromesse. Fino al miracolo. Una donna in bicicletta mi passò accanto sfiorandomi e illuminando la macchina. Durante il prosieguo del viaggio mi guardai bene dal dire a mia moglie che una donna in bicicletta nell’autostrada fra Bologna e Ferrara mi aveva permesso di ritrovare la macchina. Ma arrivati a Monticelli, frazione di Mesola dove abitano i parenti di mia moglie, confidai a sua nonna questa piccola avventura gotica: la nebbia, il terrore, la donna in bicicletta. E, con mia grande sorpresa, lei non si stupì affatto. Mi disse che la nebbia era una specie di calamita, definiva una specie di non Luogo, ma, soprattutto, un non Tempo. Disse che quella donna in bicicletta non era nient’altro che un’immagine di un altro tempo, quando l’autostrada nemmeno era stata costruita, trattenuta dalla nebbia. Aggiunse sorridendo che anche lei una volta aveva intravisto ombre di uomini a cavallo con armature che seguivano cinghiali nel boscone della Mesola. Quella donnina gentile quasi novantenne si stava divertendo: ora anche le mie coordinate temporali erano definitivamente compromesse. Nella cultura da cui provengo non è strano nutrirsi di misteri. Ma quella volta mi trovai impreparato. E il concetto della nebbia come catalizzatore della Memoria mi parve cosa affascinante e inquietante allo stesso tempo. Così ho scritto gap. Che è la storia di un incontro fra generazioni, in un non Luogo appunto, ma soprattutto un tentativo di capire in quale punto del percorso si è perso il filo della Memoria. Tre ragazzi di ieri: Tunìn, Salvatore, Ersilia che si preparano a un’azione partigiana un sabato notte nella nebbia del 1945. Tre ragazzi di oggi: Gino, Sonia, Rossella che tornano da una discoteca in riviera in un sabato notte di nebbia del 1995. Forse lo stesso sabato. Forse no. S’incontreranno in mezzo alla nebbia a declinare le loro generalità: a cercare di ricostruire un pezzo di Storia breve di cinquant’anni in un flusso continuo: dall’orrore della guerra partigiana all’orrore delle stragi del sabato sera. Infine gap è un omaggio alla terra di mia moglie, così lontana dalla mia che mi era sembrata priva di quella qualità esoterica che tanto mi attrae dal punto di vista narrativo. Mi sbagliavo. Così ho scritto gap.
Frassinelli – Il Maestrale (1999) Barbagia, fine Ottocento.
Un ragazzo, accusato d'omicidio, si toglie la vita in carcere. Ma si è
veramente ucciso Filippo Tanchis? Oppure qualcuno ha ritenuto più
utile farlo tacere per sempre? Di questi e di tanti altri misteri si deve
occupare Bustianu. Tempi duri per l'avvocato-poeta: un caso difficile da
risolvere che lo porterà a confrontarsi soprattutto con se stesso,
con le sue debolezze e le sue certezze. E non gli dà tregua una
pioggia insistente e testarda che cesserà solo quando l'indagine
verrà conclusa. La seconda avventura di Bustianu ha il colore torbido
del sangue, la consistenza della pioggia desertica che si rovescia su una
natura e su un paesaggio sfiniti. Ha il pulsare di un cuore turbato. Per
paura e per amore. Dopo Sempre caro, Marcello Fois costruisce un
nuovo affascinante romanzo. Che, come suggerisce Manuel Vázquez
Montalbán nella Prefazione, "è la riconferma di questo sorprendente
investigatore, sommerso dal rapporto tra Natura e Delitto". Nonché
"la conferma di un singolare scrittore e l'apertura di un nuovo universo
di finzione che guadagnerà sempre più lettori di incondizionata
fedeltà".
NATURA E DELITTO PREFAZIONE di Manuel Vázquez Montalbán Un fenomeno letterario preliminare all'esame del testo è quello dell'estensione del taglio del romanzo poliziesco a tutte le strategie letterarie, il suo ritorno o riassorbimento, in definitiva, nel seno della letteratura senza aggettivi. E’ come se, esaurito il discorso della letteratura di testimonianza del comportamento sociale o personale, il passaggio attraverso l'architettura della narrazione poliziesca avesse facilitato agli scrittori il rincontro con materiali apparentemente esauriti dello sfruttamento minerario del realismo, prima alla ricerca dei minerali del sottosuolo, poi dei minerali a cielo aperto. Bisogna tener conto di questa premessa perché mi possa spiegare a proposito dei nuovo romanzo di Marcello Fois, l'autore di Sempre caro, che conferma in Sangue dal cielo la costruzione di un personaggio e di uno spazio, territoriale e temporale, in cui indagare il rapporto tra comportamento e delitto. Non è un caso che il prefatore di Sempre caro sia stato Andrea Camilleri, perché le coincidenze con Fois nella sua filosofia del romanzo e dello scrittore sono ovvie: il delitto come provocazione dello sguardo, un ambito geografico posto tra il giallo urbano e quello campestre senza che ciò implichi il minimo sfioramento delle verdi distese piene di ladies e di Porto dei romanzi di Agatha Christie, la costruzione di un personaggio che faccia da intermediario tra l'autore e il pubblico, l'investigatore che per Camilleri è un funzionario pubblico e per Fois un avvocato. Entrambi utilizzano uno speciale investigatore culturalizzato: nel caso di Camilleri, il commissario Montalbano è capace di risolvere il delitto mediante una lettura fortunata; in quello di Fois, l'avvocato Bustianu è anche un poeta. La differenza tra il mondo del siciliano e quello del sardo sta nel fatto che Fois recupera un personaggio realmente esistito, Sebastiano Satta, Bustianu, nato a Nuoro nel 1867 e morto nel 1914. Fois si costringe così a ricostruire l'immaginario di un territorio sardo a cavallo di due secoli e a supporre l'atteggiamento personale di un personaggio esistito prima della sua esistenza letteraria. Un'altra coincidenza tra Camilleri e Fois sta nel particolare uso fatto da entrambi dei dialetto, uso che Camilleri esplicita con maggior insistenza di Fois e che "... consiste in una sapiente, calcolatissima commistione tra lingua e dialetto". La forma dialettale ratifica la verosimiglianza dell'ubicazione, come i riferimenti storici ratificano la verosimiglianza di un'epoca. Finite le coincidenze, che a loro volta diventano differenze, Fois porta il genere del romanzo poliziesco al limite dell'indagine intimistica, in cui il processo interiore dell'avvocato che cerca di disvelare la verità mediante la difesa del presunto colpevole, riceve l'aiuto delle sue conoscenze del contesto e delle sue genti, dei paradigmi dei vivi e del mandato e delle osservazioni degli avi ricevuti in sogno. Importantissimo anche il ruolo della natura, in questo caso della meteorologia, perché Sangue dal cielo è un romanzo intriso di pioggia, fin quando l'epilogo schiarisce l'orizzonte e il colore azzurro dei cielo chiude il chiaroscuro di un'indagine che ha danneggiato soprattutto la pace dello stesso personaggio. Perché Bustianu è un personaggio difficile ed esigente. Non si accontenta, come Montalbano o Pepe Carvalho, di essere strumentalizzato dalla strategia creatrice dello scrittore. 1 suoi sentimenti fanno parte della trama, la sua identità come personaggio davvero esistente obbliga Marcello Fois a rispettare una sua idiosincrasia che prende partito davanti alle persone e alle cose, muovendo dalla memoria o verso il desiderio. Al secondo romanzo, la riconferma di questo sorprendente investigatore, sommerso nel rapporto tra Natura e Delitto, è anche la conferma di un singolare scrittore e l'apertura di un nuovo universo di finzione che guadagnerà sempre più lettori di incondizionata fedeltà e forse affaticherà un poco un autore tanto dotato e ambizioso che talvolta vorrà sfuggire alla dittatura della sua stessa creatura. Una tensione che arricchisce, in quanto Fois è uno scrittore capace di risolvere ogni genere di sfida, dopo aver risolto in modo così formidabile quella di rinchiudersi a Nuoro, all'inizio del secolo, spartendo la paternità dell'opera con un personaggio presente nel foro e all'anagrafe. (Traduzione di Hado Lyria)
IL DERBY FOIS-PIAZZESE SUI GIALLI DELLO SCIROCCO Lo scrittore sardo ha presentato il romanzo "Sangue dal cielo". Ospite d'onore il suo collega palermitano. di Federica Certa In comune Santo Piazzese e Marcello Fois hanno di sicuro una cosa: lo scirocco. L'alter ego del primo, il biologo Lorenzo La Marca - protagonista de I delitti di via Medina Sidonia e de La doppia vita di Mr Laurent - con lo scirocco riscopre il "senso barocco" della vita, abbrivio per romantiche cene a base di ricci e lucide deduzioni. Il secondo, invece - sardo del nuorese, autore tra gli altri di Ferro recente, Picta, papà letterario dell'avvocato poeta Bustianu e adesso sceneggiatore del film su Brusca - proprio da una terribile ondata di scirocco dei secolo scorso si è ispirato per tracciare la storia del suo ultirno romanzo, Sangue dal cielo (edizioni Frassinelli), presentato dallo scrittore venerdì sera alla libreria Modus Vìvendi proprio con Santo Piazzese. Il colore è giallo acceso, venato di nero, più acido nei libri di Fois, ritratti amari e dolenti della Barbagia, terra di balentìa e atavica indifferenza; più solare in quelli di Piazzese, dove per ogni delitto c'è sempre un risvolto di ironia e Palermo soffre decisamente meno che nelle lapidi della cronaca. Il filone, insomma, è, con le dovute distinzioni, etno-noir, ovvero una storia trucida per ogni terra e popolo. "In comune - dice Fois - abbiamo un certo vittimismo. Mentre per quanto riguarda la categoria ho ancora meno dubbi: noi giallisti ci vogliamo un gran bene". I due autori, infatti, sono anche buoni amici e affettuosi avversari, che non mancano di chiedersi a vicenda notizie su mogli e figli e di scambiarsi complimenti prima di contendersi un premio. Come l'anno scorso per lo "Sherbanenko": se l'è aggiudicato Fois, ma Piazzese ha vinto il derby delle dediche sotto copertina: "A Marcello, che non vinca il migliore". Meteoropatici, terragni fino al midollo, nell'invidiabile limbo dei quaranta, nonostante le somiglianze, si dichiarano orgogliosamente diversi: Fois racconta la sua isola tra antico e contemporaneo, con uno scarto di oltre un secolo, Piazzese non ama guardarsi indietro. Il sardo non usa mezzi termini, le sue parole sono sempre e solo quelle giuste per designare, descrivere, intendere; il siciliano ricarna con grazia da affabulatore, e il sangue lo preferisce asciutto. Fois non smentisce la sua storia, Piazzese ha ribaltato in pochi anni una valanga di luoghi comuni sulle benemerite ammazzatine di indigena ambientazione. "Perché in un certo senso voi siete più avanti - dice Fois - Noi abbiamo ancora quasi tutto da dire sulla Sardegna, dobbiamo ancora fare il punto. Forse fra qualche anno potremo avventurarci a sovvertire gli schemi". Da Repubblica - Edizione di
Palermo 19/03/2000
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