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CAPITOLO 3

Kevin accartocciò la lettera e la gettò a terra. Era in collera come non lo era mai stato in vita sua! Era in collera con sua madre per i 12 anni persi, con suo padre per averla costretta a compiere un gesto simile, con il destino perché tanti figli hanno genitori separati ma almeno li hanno: loro ora non avevano più nessuno. Kristin e Leigh stavano piangendo e Kevin si sentì scoppiare dalla rabbia perché dopo tutto il dolore che avevano provato in quegli anni ancora dovevano soffrire. Cosa avrebbe detto ai suoi fratelli? E il bambino? Cosa avrebbe fatto con il bambino?

Non era giusto, non lo era affatto. Prenderlo con loro? Ma con quale coraggio chiedeva una cosa simile? Era stato lui la causa della rottura del matrimonio dei suoi genitori, della fuga della loro madre e ora anche della sua morte … e doveva prenderlo in casa? Dargli da mangiare, bere, e magari trattarlo come uno di loro? Ma come si faceva a pensare che avrebbero fatto una cosa simile?

-- Ora dov’è il bambino? -- Kristin

-- In una casa di accoglienza a Londra: è stato dimesso dall’ospedale ieri sera e, poiché dovevamo ancora avvisarvi, lo abbiamo sistemato temporaneamente lì -- Signora Raves

-- Ma che cos’ha? Nostra madre, nella lettera, parlava di medicine costose! -- Leigh

-- In realtà non avrebbe nulla di grave se fosse curato nella maniera adeguata. Soffre d’asma, una malattia per nulla grave se trattata come si deve. Ma le condizioni economiche di vostra madre non le consentivano ciò ed è per questo che il bambino finiva spessissimo in ospedale. I servizi sociali londinesi hanno parlato con vostra madre varie volte proprio su segnalazione dei medici che avevano in cura vostro fratello … -- Signora Raves

-- Fratellastro -- Kevin

-- Sì, fratellastro, scusate. Ma vi posso assicurare che è un bambino normalissimo, molto educato e simpatico. Lo dico perché sono andata a vederlo di persona, non perché me l’hanno detto. -- Signora Raves

-- Sembra che ci stia vendendo un cucciolo di cane: normale, ben educato, simpatico, non sporca … sì è un po’ malato ma ha tanto bisogno d’affetto … è questo che ci dirà dopo? Prima che sprechi il suo fiato la informo che non mi piacciono gli animali -- Kevin

-- Signor Richardson, io capisco che lei in questo momento sia in collera con il mondo intero ma io sto solo facendo il mio lavoro. Ogni giorno cerco di convincere coppie che vorrebbero adottare un bambino perfetto, che anche quelli non perfetti sono figli meravigliosi. E lo sa come va a finire di solito? Che non li prendono, e gli orfanotrofi sono pieni di bambini malati che non avranno mai il piacere di avere una famiglia perché non sono biondi con gli occhi azzurri. E ha ragione, ogni tanto devo parlare come se gli stessi vendendo un cagnolino … e non è giusto, perché qui stiamo parlando di esseri umani. Quando sono venuta a conoscenza del vostro caso ho immaginato che non sarebbe stato facile, ma in cuor mio speravo che il fatto che fosse vostro fratello o fratellastro, come lo chiama lei, avrebbe reso il tutto meno complicato. Spero ancora che sia così, spero che la vostra collera non ci costringa a cercare una famiglia adottiva per uno che una famiglia ce l’ha già … e siete voi. Non dovete decidere adesso, avete tempo per pensarci. Come credo saprete, ci dovranno essere varie udienze del tribunale dei minori per questioni burocratiche e poi ci sarà un lungo periodo di affidamento prima dell’adozione. Vi chiedo di tenerlo per un po’ con voi: tra 7 giorni ci sarà l’udienza per vedere se il ragazzino è adottabile o no. Vi chiedo solo di tenerlo fino ad allora: è la prima volta che si trova solo, è sempre stato con la mamma ed è incredibilmente impaurito. Solo per questi pochi giorni e poi deciderete se fare domanda di adozione o no. Cosa ne dite? -- Signora Raves

-- Quando dovrebbe venire? -- Kristin

-- Domani mattina arriverà qui, faremo qualche visita medica e poi se siete d’accordo lo porto qui -- Signora Raves

-- Bisognerà preparare la stanza -- Kristin

-- Cosa? Ma sei impazzita? -- Kevin

-- Sono solo 7 giorni. -- Kristin

-- Non lo voglio qui -- Kevin

-- Perché? Abbiamo tanto posto, non ti accorgerai nemmeno che c’è -- Kristin

-- Non lo voglio nemmeno vedere per un secondo -- Kevin

-- Io sì, lo voglio conoscere … è il figlio di mamma e voglio parlargli -- Kristin

-- Ho detto che non lo voglio qui -- Kevin

-- Mettiamolo ai voti … Leigh, tu cosa ne pensi? -- Kristin

-- Solo per questa settimana, poi se ne andrà -- Leigh

-- Ok, però farete senza di me perché io me ne vado via … tornerò dopo che se ne sarà andato -- Kevin

-- Ti stai comportando come un bambino capriccioso. -- Kristin

-- Io? Aspetta di avere tra i piedi un dodicenne viziato e sconosciuto -- Kevin

-- Stiamo parlando di una sola settimana … -- Leigh

-- Ragazzi … -- Howie

Howie che era rimasto nella stanza accanto ad ascoltare in silenzio per tutto il tempo decise che non poteva più tacere. Comparve sulla porta con le guance rigate di lacrime.

-- … state parlando come se mamma ci avesse lasciato il canarino … Kev, ci ha chiesto di prenderci cura di nostro fratello!--Howie

-- Non l’ha chiesto a te Howie, l’ha chiesto a me e alle tue sorelle, questa faccenda non ti riguarda -- Kevin

-- Mi riguarda eccome perché è anche mio fratello … -- Howie

-- Fratellastro Howie, fratellastro -- Kevin

-- Mio Dio, ma ti stai ascoltando? Cosa starà pensando mamma in questo momento? -- Howie

-- Non me ne importa un fico secco di quello che sta pensando. Ma cosa credeva? Che dopo essere scomparsa per 12 anni ed essersi uccisa avremmo rimediato ai suoi errori senza battere ciglio? -- Kevin

-- Signor Richardson, le ricordo che non state parlando di un errore ma di un ragazzino -- Signora Raves

-- Adesso basta. Lo terremo per un settimana ed il discorso è chiuso. Ce lo porti pure domani -- Leigh

-- Molto bene, vi ringrazio -- Signora Raves

La signora Raves e l’agente di polizia si diressero verso la porta scortati da un Kevin fumante di rabbia.

-- Ci vediamo dopo pranzo -- Signora Raves

-- Saremo qui ad aspettarvi a braccia aperte -- Kevin

Prima di varcare la porta la signora Raves si girò verso i 4 ragazzi e sussurrò

-- Il ragazzino si chiama Nickolas ma ci ha detto che lo chiamano tutti Nick. A domani -- Signora Raves

I ragazzi si sentirono per un attimo dei mostri: ne avevano veramente parlato come di un oggetto … in tutto quel tempo non ne avevano nemmeno chiesto il nome!

CAPITOLO 4

Non avevano trovato il coraggio di parlare ai loro fratelli per tutto il giorno. Ora stavano mangiando un dolce dopo cena e sapevano che era arrivato il momento fatidico: non potevano aspettare oltre. AJ e Sarah si stavano prendendo a parolacce e Brian stava tentando di mettere pace. Howie era stato in silenzio per tutta la cena, mostrando ampiamente il proprio risentimento nei confronti del fratello maggiore.

-- Ragazzi, dobbiamo parlarvi di una cosa importante -- Kristin

Brian si era subito posto in ascolto mentre AJ e Sarah erano passati alle sberle

-- AJ, Sarah, finitela … vostra sorella ha detto che dobbiamo parlarvi -- Kevin

-- Parlate parlate … vi ascoltiamo -- AJ

-- AJ ! -- Kevin

Kevin gli aveva afferrato il braccio e questo era il segno inequivocabile che era ora di finirla. Finalmente arrivò il silenzio.

-- Questa mattina sono venuti due signori a parlarci: uno era un agente di polizia e l’altra una dipendente dei servizi sociali--Kristin

-- Quelli dei servizi sociali? E che cavolo vogliono ancora da noi? Noi stiamo benissimo … perché non pensano a chi ha veramente problemi? Bisognerebbe denunciarli tutti, branco di scansafatiche ! -- AJ

-- AJ, non sono venuti per voi -- Leigh

-- Sono venuti per darci una brutta notizia … -- Kristin

Kristin si interruppe e alcune lacrime bagnarono le sue guance

-- cosa è successo Kry ? -- Brian

-- Mamma è morta -- Kevin

Il tono di Kevin fu glaciale.

-- Co … cosa? -- Brian

-- Chi? -- AJ

-- Hai capito benissimo AJ -- Kevin

-- No, non ho capito dov’è la brutta notizia -- AJ

-- AJ, non ti permettere. Era tua madre, era nostra madre -- Leigh

-- Sul serio? Io non l’ho neppure conosciuta -- AJ

-- Sai benissimo che non è vero -- Leigh

-- Eccome se è vero. Anzi sai cosa ti dico? Meglio così, perché adesso almeno è morta e c’è un motivo valido se non è qui--AJ

Sarah ed AJ si diedero un cinque con le mani e seppure Kevin avrebbe desiderato dare uno sberlone a tutti e due, rimase fermo sapendo che in realtà dietro a tali frasi c’era una enorme sofferenza e rabbia per non aver praticamente mai avuto l’affetto di una mamma.

Brian dal canto suo era invece sensibilmente affranto.

-- Come è successo? -- Brian

-- si è gettata dal tetto di un ospedale -- Kevin

-- Cosa? -- Brian

-- E ti meravigli? -- AJ

-- Adesso basta AJ. Tu non sai niente. Taci e ascolta -- Howie

Kristin lesse la lettera ai ragazzi e in breve racconto cosa aveva chiesto loro l’assistente sociale

-- Non se parla neppure. Ma dico, siete tutti impazziti? Dobbiamo prenderci il bastardo in casa? -- AJ

-- AJ, pensi di riuscire a comportarti come si deve almeno per qualche secondo? -- Leigh

-- Non ditemi che davvero ci state pensando? -- Sarah

-- Ad adottarlo no di certo, però abbiamo acconsentito a tenerlo qui fino al processo per l’adottabilità che si svolgerà tra 7 giorni -- Kevin

-- il fatto che noi non siamo per nulla d’accordo conta qualcosa? -- Sarah

-- No, ormai abbiamo deciso -- Leigh

-- e te ne meravigli? Quando mai la nostra opinione conta qualcosa in questa casa? Conta molto di più un bastardo arrivato dal nulla che ci ha rovinato l’esistenza -- AJ

-- e’ nostro fratello AJ -- Howie

-- Sarà tuo fratello … io di fratelli ne ho tre e non uno di più. Andiamo Sarah -- AJ

-- Non abbiamo ancora finito -- Kristin

-- e invece si -- Sarah

AJ e Sarah corsero su per le scale e Kevin accennò a seguirli ma Kristin lo bloccò

-- Lasciali, devono smaltire la notizia -- Kristin

-- tu cosa ne pensi Brian? -- Leigh

-- Che non è giusto, non c’è nulla di giusto in questa storia. Quando faremo il funerale della mamma? -- Brian

-- Non sappiamo ancora nulla anche perché il corpo è a Londra -- Leigh

-- E il bambino quando arriverà? -- Brian

-- Domani dopo pranzo -- Kristin

-- Ho bisogno di riflettere. Buonanotte a tutti -- Brian

-- stai bene? Vengo con te? Parliamo un po’? -- Howie

-- no, voglio stare da solo -- Brian

Brian divorò le scale e scomparì al piano superiore.

-- Sarà meglio che prepariamo la stanza -- Leigh

Leigh e Kristin passarono alcune ore a preparare quella che sarebbe stata la camera di Nick per una settimana: la prepararono con molta cura perché era come ricevere un pezzo della loro mamma, un pezzo ancora vivo.

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Il giorno seguente i ragazzi andarono a scuola come sempre ma Howie e Brian rientrarono per pranzo, nella speranza di essere presenti all’arrivo di Nick. Purtroppo la signora dei servizi sociali tardò e loro dovettero tornare a lezione, posticipando l’attesissimo incontro con il nuovo fratello.

Kevin, Kristin e Leigh invece rimasero ovviamente ad aspettare … fino a che all’improvviso il campanello suonò

Kevin aprì la porta con il cuore che gli batteva a mille

-- Buongiorno signor Richardson -- Signora Raves

-- Buongiorno -- Kevin

-- vieni Nick -- Signora Raves

Dalla macchina parcheggiata scese un ragazzino alto più o meno un metro e sessanta, magrolino, vestito con un paio di jeans, scarpe da tennis e un giubbotto blu. Teneva la testa china e l’unica cosa che si vedeva era il biondo della sua folta chioma.

-- Vieni tesoro. Ecco, loro sono Kevin, Leigh e Kristin. Vi presento Nickolas -- Signora Raves

-- Piacere -- Nick

Nick tirò su la testa e i tre fratelli rimasero abbagliati dagli occhi dal ragazzino: era gli occhi della loro madre. Kevin dovette fare uno sforzo incredibile per non mettersi a piangere mentre Leigh non riuscì a resistere e Kristin abbracciò il ragazzino.

-- Hai preso il tuo zaino? -- Signora Raves

Nick annuì con la testa.

-- Bene, allora io vi posso salutare a questo punto. Dentro allo zaino c’è la cartella sanitaria da far vedere al vostro medico e in tasca Nick ha il suoi inalatore. Se avete bisogno di qualsiasi cosa chiamatemi, anche tu Nick -- Signora Raves

Kristin tirò dentro il ragazzino e la signora Raves lo osservò scomparire dietro la porta di quella enorme casa, quella che sperava in futuro sarebbe diventata la sua casa.