Sincerely,

Dopo una breve parentesi alla Columbia University (N.Y.), Leonard ottiene uno stipendio che gli consente di fuggire in Europa. E' disgustato dall'ambiente universitario: "... quella gente seduta a un tavolo rotondo, con le mani insanguinate dalle virgole...". Finisce col piantare le tende a Hydra, isoletta greca su cui vivrà insieme a Marianne Jenson e al di lei figlio Axel.

Marianne è la donna di cui tratta la canzone So Long, Marianne; una sua immagine appare sul retro della copertina di Songs from a Room.

Si tratta dell'affascinante moglie del romanziere norvegese Axel Jensen ("Line", "Epp", "Icarus": romanzi scritti tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi dei Sessanta). La coppia era in crociera nel Mar Egeo quando si imbatté in Leonard. Qualche tempo dopo, Marianne abbandona il marito per andare a vivere insieme all'irrequieto e affascinante poeta del Quebec.

Tra partenze e ricongiungimenti, il soggiorno in Grecia di Cohen si protrae per sette anni.

 

Ai primi due volumi di poesie di L.C. fa seguito la silloge Flowers For Hitler (1964). Quindi Parasites Of Heaven (1966). Cohen pubblica il suo primo romanzo nel 1963: The Favourite Game, ritratto di un giovane ebreo di Montreal con ambizioni artistiche; ma è anche la cronaca di un feroce - quanto delicato - amore a tre. Con l'uscita di Beautiful Losers (1966), Cohen polarizza l'attenzione di un più vasto pubblico di lettori anche fuori del Nord America.

                 "Catherine Tekakwitha, who are you?"

E' la domanda che si pone il protagonista di Beautiful Losers. Con il pretesto di analizzare il mito di un'indiana del Canada venerata come una santa (e, infatti, nel 2002 Papa Giovanni Paolo I  l'ha santificata), L.C. va alla ricerca di se stesso, scavando nel proprio passato. E' un esempio di autopsichiatria in forma letteraria; ma Beautiful Losers è anche selvaggiamente comico e le sue pagine trasudano sesso e sangue; il leitmotiv è la pazzia (inevitabile!) dell'uomo "civile".

Il romanzo fu definito dalla critica "un lavoro epico di incomparabile bellezza, dai toni sacrileghi e insieme religiosi". Anche il Boston Globe non fu avaro di elogi: "James Joyce non è morto. Vive a Montreal e si fa chiamare Cohen."

Fino a oggi, i libri di L.C. hanno venduto in tutto il mondo oltre un milione di copie.

Ma è raro che poeti e scrittori - per quanto grandi - possano diventare ricchi. Così Cohen si dedicò alla musica; per sua stessa ammissione, per mettere fine all'eterno problema del denaro.

Quando, su Hydra, rivela a Marianne di voler cantare, la risposta che lei gli dà è: "Please don't"!

Leonard è uno spirito irrequieto, e nemmeno il piacevole clima dell'isoletta greca può imbrigliarlo. Qualcosa lo costringe a spostarsi continuamente da un posto all'altro e ad affrontare sempre nuove esperienze. Alla rivista Musician l'artista spiegherà, nel 1988: "Per poter scrivere libri, occorre una residenza permanente. (...) Io decisi di cambiare strada e divenni... cantautore."

Lasciatosi alle spalle la vita domestica di Hydra, Cohen fa ritorno in America. Si trasferisce immediatamente nelle vicinanze di Nashville, intenzionato a dare la stura a una nuova carriera: quella musicale. Incoraggiato da Judy Collins, che ha già inserito "Suzanne" e "Dress Rehearsal Rag" nel proprio album In My Life, Leonard  debutta nel 1967 al Newport Folk Festival (dove si esibiscono anche Joni Mitchell e Joan Baez). Finito lo spettacolo, viene contattato da John Hammond (il produttore che, per conto della Columbia Records, ha preso sotto contratto Billie Holiday, Bob Dylan e Bruce Springsteen), e nel Natale dello stesso anno esce Songs Of  Leonard Cohen.

Un inizio più che promettente: "Suzanne", " "Hey, That's No Way To Say Goodbye", "So Long, Marianne" e "Sisters Of Mercy" gli valgono l'accesso alle top-posizioni del pantheon musicale. E il western 'McCabe and Mrs. Miller', film del '71 di Altman (che per il soundtrack scelse alcune canzoni del canadese), si può considerare un videoclip di lunghezza straordinaria.

Dopo Songs From A Room (1969) e Songs Of  Love And Hate (1971), che riconfermano Cohen come il cantore del dolore e della solitudine ("Bird On A Wire", "Joan Of Arc", "Famous Blue Raincoat"), arriva Live Songs, con la trascinante "Please Don't Pass Me By": improvvisazione blueseggiante di ben 14 minuti. E finalmente è il turno di New Skin For The Old Ceremony (1973), un album magnifico, corredato da un arrangiamento orchestrale per volere del co-produttore John Lissauer. Tutte meravigliose le canzoni di New Skin..., e valide ancora oggi dal punto di vista prettamente musicale; purtroppo, alla sua uscita il disco non ottenne il successo che meritava.


Opere letterarie di L. Cohen su Amazon.com                   Leonard Cohen, cantore della malinconia (file.doc)

                                        Interview for the LA Weekly (by Brendan Bernhard)                 Poesie di Cohen (file .doc)

Dopo una pausa di una manciata di anni, nel 1977 Cohen torna in studio e realizza Death Of A Ladies' Man. Forti disaccordi con Phil Spector portano all'esclusione dell'artista dalle fasi conclusive del lavoro. "Fu un'autentica catastrofe" si rammenta Cohen. "Tutti quei vocals 'graffiati', e Phil che faceva il mixaggio in segreto, sotto scorta armata. Per far valere le mie ragioni avrei dovuto recrutare un esercito sul Sunset Boulevard oppure lasciar perdere completamente. Ovvio: lasciai perdere."

Recent Songs, del 1979, è - nuovamente - un capolavoro. E, secondo quanto Cohen ha dichiarato in un'intervista a Mojo, si tratta del proprio album preferito in assoluto.
Coadiuvato da Henry Lewy (che vanta esperienze di lavoro con Joni Mitchell), il cantautore non si limita stavolta a celebrare i consueti problemi sentimentali, ma racconta delle sue esplorazioni nell'immensa arena delle religioni. Pur non avendo mai ripudiato le proprie origini ebree, Cohen cerca conforto a più riprese in disparate dottrine mistiche, arrivando persino a far parte di Scientology, prima di approdare definitivamente al buddismo. Un giorno Allen Ginsberg (che era un suo grande amico) gli chiese: "Come riesci a far conciliare la religione ebraica con lo Zen?". Leonard ribatté (giustamente) che lo Zen, più che una vera e propria religione deistica, è una forma di meditazione "atea".

All'ebraismo e ai suoi riti l'artista è comunque rimasto sempre fedele. Anche quando vegetava in una stanza del Chelsea Hotel ingerendo LSD e autocompatendosi,  non imputò mai la colpa del suo profondo malessere alla sua famiglia, né alla religione cui la sua famiglia era devota. Leonard non mise mai in discussione, insomma, le usanze della sua "tribù". Vita natural durante, è sempre stato membro di qualche sinagoga, e a ogni venerdì vi si recava per accendere il "menorah", il tradizionale cero dei fedeli.

Foto tratta dalla cover di Live Songs