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Rutger Hauer The Legend
Saturday, 19 December 2009

Now Playing: La leggenda del santo bevitore

 

 

TITOLO La leggenda del santo bevitore
REGIA Ermanno Olmi
INTERPRETI Rutger Hauer – Anthony Quayle – Sandrine Dumas
GENERE Drammatico
DURATA 125min. Colore
PRODUZIONE Italia/Francia 1988 Leone d’oro a Venezia 1988 al regista
Ermanno Olmi – Nastro d’argento per la miglior regia – 4
David di Donatello: miglior regia, miglior film, miglior
montaggio, miglior fotografia.
Si narra la storia di Andreas, bevitore con un passato da recluso alle spalle, che
trascorre le sue giornate vagando sotto i ponti di Parigi. Ma un giorno la sorte, o
forse la Provvidenza, gli fa misteriosamente dono di 200 franchi. Questo episodio è il
primo di una lunga serie di "miracoli", veri o presunti tali, che d'ora in poi si
succederanno a ritmo serrato. Andreas, che ha promesso di riportare il denaro in
offerta alla statua di santa Teresa di Lisieux, sperpera la sua fortuna fra bordelli e
bistrot, ma fallisce sempre l'occasione di saldare il suo debito, finché, ormai
agonizzante, viene trascinato in chiesa, dove muore nel tentativo di offrire il denaro a
una bambina di nome Teresa che lui identifica con la santa di Lisieux.
La leggenda del santo bevitore, “Die Legende vom heiligen
Trinker”1, è considerata il testamento spirituale dello scrittore
ebreo-austriaco Joseph Roth2, fra i primi e più intransigenti
denunciatori della barbarie nazista, morto da esule a Parigi nel
1939. Si tratta di un racconto dal forte sapore autobiografico,
portato a termine pochi giorni prima della scomparsa del suo autore,
consumato dall'alcol e dalla disperazione per l'irrazionalità dilagante
nell'Europa degli anni '30.
1 Joseph Roth, La leggenda del santo bevitore, Adelphi 1975 (pp. 74, € 4,80)
2 Joseph Roth, Bridy 1894 – Parigi 1939

 

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Ermanno Olmi, il regista lombardo si è fatto conquistare
dal racconto perché forse le pagine di Roth contenevano un
messaggio profondamente religioso che, all’attenzione del
regista cattolico, non potevano passare inosservate. Il
regista porta la storia dell’oscuro clochard di Slesia
Andreas Kartak in una Parigi senza precise connotazioni
temporali, certo non da cartolina.
Quindi contenuti cari ad Olmi: la tematica religiosa, che
sembrerebbe trovare in questo film un particolare
approfondimento, confermandosi come uno dei fili conduttori della poetica olmiana.
Tuttavia l'intento di questo saggio è quello di evidenziare come l’opera sia molto più
di un semplice ritorno allo spiritualismo cattolico caratteristico del regista. Se
andiamo oltre la lettura in chiave religioso - salvifica del film, su cui parte della
critica ha voluto insistere, esso si rivelerà aperto ad ulteriori approfondimenti e con
ciò anche più fedele alla sottile
ambiguità interpretativa dell'originale
letterario.
Olmi ha chiaramente voluto conferire
una dimensione simbolica alla vicenda: i
personaggi umili, barboni, baristi o sarti
parigini piuttosto che piccoli impiegati
milanesi o contadini della bassa padana,
uomini toccati dalla grazia, dal miracolo
della favola, o dalla Provvidenza, in
quanto messi nella condizione di accedere alla purezza, alla semplicità, alla verità.
La qualità straordinaria della fotografia, artificialmente improntata ai toni del blu,
dell'ocra e del grigio, sembra sottolineare i mutevoli stati d'animo del protagonista. I
lunghi ed espressivi primi piani dei personaggi e gli ancora più lunghi silenzi, una
delle caratteristiche che hanno contrassegnato il percorso artistico di Olmi, che si
protraggono quasi in sfida ai canoni della spettacolarità hollywoodiana, inducono lo
spettatore a ricercare un senso ulteriore dietro il realismo della rappresentazione.
Critica
La leggenda del santo bevitore non è forse il più bel film di
Ermanno Olmi ma è sicuramente quello nel quale i temi e i
valori del regista si rivelano con maggiore chiarezza e
semplicità.
L'Espresso
Questo è uno di quei film che ti regalano vitalità.
Francesco Bolzoni, Avvenire
Rutger Hauer
Olmi pone come sua epigrafe "conceda Dio a tutti noi, a noi
bevitori, una morte così lieve e bella". Conceda Dio a tutti i film
un finale così lieve e bello.
Alberto Frassino, La Repubblica
Il film è riuscito a fondere in un unico impasto il professionismo
dei due protagonisti con il dilettantismo dei molti anonimi che
hanno accettato di recitarvi una parte.

 


La Stampa

 

 

 


Posted by amiga2/taurus1 at 8:35 PM EST
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