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STORIA DELLA SOVRANITA'

considerazioni a partire da Georges Bataille
di Marco Rovelli

1. C'è una storia della sovranità, e il suo punto di snodo è la Rivoluzione francese, una delle sue figure Sade.
In una lezione del Collegio di Sociologia nel 1939 Pierre Klossowski mise in luce come all'origine del deflagrare della Rivoluzione, vi fosse la concorrenza di due gruppi sociali, di due diverse categorie di rivendicazioni. Da una parte c'è la grande massa degli uomini che insorge contro il re rivendicando i diritti del Quarto Stato: suo obiettivo è l'uguaglianza dello stato di natura, il suo modello è l'uomo naturale, che poi altro non è se non l'idealizzazione dell'uomo banale (laddove la categoria della banalità corrisponde a quella della misura) - cosa peraltro comprensibilissima per chi fino a quel momento aveva vissuto in condizioni al di sotto del livello dell'uomo banale.
Dall'altra c'è quella parte di classe dirigente, di aristocrazia in particolare, che, grazie al proprio status di privilegiati, hanno potuto sviluppare un grado supremo di lucidità e si attendono dalla Rivoluzione una rifusione totale della natura dell'uomo. Non l'uguaglianza, ma la differenza. Non un ritorno a un immaginario stato di natura, ma l'approdo all'uomo integrale "dalla sensibilità polimorfa", che rispecchiava la natura problematica delle loro coscienze.
Qui si arriva ad una situazione apparentemente di stallo: i privilegiati, i libertini che sognano l'uomo integrale, sintomi della disgregazione dell'ancien regime, non sono in grado di integrarsi, e tantomeno di porsi alla testa, del processo di ricomposizione della nuova società. "La posizione moralmente avanzata che occupano - dice K. - sembreranno occuparla a scapito della massa rivoluzionaria".
Sade era tra questi, e infatti lui si fece capro espiatorio dell'epoca, assumendo su di sé - nella sua opera e nella sua vita - tutto il male che era implicito nella Rivoluzione. Sade, in quanto personificazione del signore, aveva messo in crisi l'edificio gerarchico dell'ancien regime nel momento in cui aveva messo in dubbio l'esistenza di Dio togliendo così ogni motivo al servo di continuare ad essere servo: adesso lui veniva ad addossarsi tutto ciò che il suo atto deicida aveva scatenato.
Al contrario, Saint-Just e Bonaparte scaricarono sul popolo ciò che lo spirito dell'epoca aveva accumulato in loro, e per questo furono seguiti dalle masse: come scrive ancora K., "essi stessi sapevano che il miglior indizio di salute di un uomo, le masse lo riconoscono dalla sua risoluzione a sacrificarle".
Si noti come il medesimo discorso valga, e in maniera ancor più chiara, per una figura come quella di Stalin (e tutto ciò non è casuale, ché nel discorso di Bataille sulla sovranità Stalin assume un'assoluta rilevanza). La figura di Stalin riuniva in sé le caratteristiche del capo infallibile e del cittadino ordinario - al quale lo accomunava la sua grigia retorica, la sua totale remissione alla Causa, il sacrificare ad essa tutto sé stesso (ciò che gli dava, grazie alla suprema fiducia accordatagli, la legittimità di sacrificare anche gli altri). Stalin era l'incarnazione assoluta dello spirito di sacrificio, del dovere ascetico dello spirito rivoluzionario bolscevico: paradigmatico il saluto che gli rivolse il Comitato Centrale del PCUS in occasione del suo cinquantesimo compleanno: "Al nostro Stalin che sacrifica tutte le sue energie e tutto il suo sapere alla causa della classe lavoratrice" . Simbolo supremo del Sacrificio, e corrispettivo del Cristo, come testimonia questo episodio raccontato da un operaio comunista negli anni 50: "...dopo che Stalin era morto io ho appeso vicino alla macchina il ritrattino di Stalin e un'immagine di Cristo crocifisso. Viene un giorno l'ingegnere, e mi dice: "Senta, R., levi quelle cose". Gli rispondo: "Guardi, innanzi tutto sono morti tutti e due; poi sono morti per la liberazione dell'operaio…" .
Da una parte dunque il Redentore che sacrifica le masse in nome del Bene, dell'uguaglianza, della soppressione delle differenze - e dunque della sovranità; dall'altra il capro espiatorio che si addossa il Male, e che, pur avendo contribuito alla disgregazione dell'antico stato di cose, viene sacrificato - a causa della sua sovranità. (Su questo sfondo, si capisce meglio come la figura del Cristo - che è per Nietzsche il simbolo più sublime, nonché la figura più grande di capro espiatorio che l'umanità mai si sia data - sia rappresentata da Buñuel, in coda al suo capolavoro L'âge d'or, tutt'una con quella di Sade).
Dunque, l'uomo integrale è colui che non ammette sovrano sopra di sé, e in questa costellazione rintracciamo quella figura in Sade, che non ha Santi cui votarsi: il nemico principale è Dio, e per conseguenza il re, suo rappresentante temporale. L'uomo integrale non può che essere un criminale, colui che è marchiato dal crimine del regicidio. E' proprio sul regicidio che si fonda la Repubblica, e questo crimine è Sade che lo espia.

2. Bataille parla del regicidio in un bellissimo testo del 1938, "L'obelisco" . Scrive: "Dal patibolo di Luigi XVI all'obelisco, una composizione si forma sulla PUBBLICA PIAZZA, cioè su quella delle diverse piazze pubbliche del 'mondo civile' che per fascino storico e aspetto monumentale prevale sulle altre [Bataille si riferisce a Place de la Concorde, dove appunto si erge un imperioso obelisco - "immagine egiziana dell'IMPERITURO", "raggio di sole pietrificato" - e dove venne giustiziato Luigi XVI]. Perché non è in nessun luogo, è LÀ che un uomo in qualche modo stregato, in qualche modo preso da frenesia, si dà espressamente per il 'pazzo di Nietzsche', spiega con la sua lanterna di sogno il mistero della MORTE DI DIO" .
Bataille si riferisce qui ad un brano della Gaia Scienza di Nietzsche, laddove un folle, accesa una lanterna "alla chiara luce del mattino", corse al mercato gridando "Cerco Dio!": e poi: "Anche gli dei si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sacro il mondo possedeva fino a oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli: chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremo lavarci? Quali riti espiatori, quali giochi sacri dovremo inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dei, per apparire almeno degni di essa?" .
Si potrebbe dire che per Bataille - così come l'immanenza viene illuminata dalla messa a morte della trascendenza - l'uomo sovrano è colui la cui figura si staglia sullo sfondo vuoto dell'assenza del Dio morto. E' colui che ha il sentimento tragico del sacro, che è il nucleo attorno al quale gravitano gli individui, come granelli di polvere, in un movimento di attrazione e repulsione, e quel nucleo è "orrore, violenza, odio, singhiozzo, crimine, disgusto, e riso e amore tutto insieme" .
Bataille richiama i tempi tragici della Grecia antica - quella Grecia che attirava Nietzsche -, e dice che essa fu generata dalla ferita e dal crimine: la potenza di Cronos, il Tempo, era stata generata dalla mutilazione di suo padre Urano, ovvero la sovranità divina del cielo; la venuta al mondo di Dioniso ("tragico, disfatto dalla gioia", che aveva aperto "la fuga precipitosa dei baccanali"), era dipesa dall'omicidio di sua madre da parte di suo padre. E la tragedia stessa era una "specie di festa data al TEMPO che sparge l'orrore" , raffigurando agli uomini, e sopra di loro, "i segni di delirio e di morte dai quali avrebbero potuto riconoscere la loro natura vera".
Poi, era avvenuta la scissione (introdotta da Socrate e perfezionata dal cristianesimo) tra Dio e il Tempo, laddove il Bene era Dio e il Tempo era consegnato al Male, e gli uomini al peccato. Mentre non vi sono bene e male, ma solo, scrive Bataille in "Su Nietzsche", solo culmine e declino : laddove il culmine corrisponde all'eccesso, all'esuberanza delle forze, porta al massimo d'intensità tragica, è connesso al dispendio d'energia senza misura, alla violazione dell'integrità degli esseri; e il declino corrisponde invece ai momenti di sfinimento, di fatica, dà il massimo valore alla preoccupazione di conservare e arricchire l'essere" (e per questo, in altra parte del libro, B. scrive che ogni morale è nata il giorno dopo a una festa).
La morte di Dio riapre questi spazi tragici. Gli spazi dell'eccesso, gli spazi della "sensazione del tempo", della sua "tagliente esplosione", quando la morte si rivela con un sentimento di leggerezza vertiginosa. Gli spazi del sacro, e della sovranità.
Ma la sovranità si scontra con la struttura del mondo contemporaneo, del quale "la misura e la banalità si sono lentamente impadronite" . Alla morte di Dio, e del re, infatti, succede il dominio delle cose - chiarissimo segno, la Dichiarazione dei diritti del 1789, che definisce sacra e inviolabile la proprietà, laddove prima sacra e inviolabile era la persona del re. E questo ci permette di riprendere il filo della storia. La modernità sacralizza i rapporti personali in nome del Denaro e del mercato, uccidendo in tal modo il sacro. Un testimone diretto di questo passaggio storico è il grande visionario William Blake, la cui costellazione di pensiero ha non poche affinità con quella di Bataille - sino dal punto di vista terminologico. Se per Bataille culmine e declino sostituiscono bene e male, Blake scrive il matrimonio del Cielo e dell'Inferno, e crede che gli opposti bene e male siano frutto della Caduta; Bataille scrive che il culmine corrisponde all'eccesso, all'esuberanza delle forze, Blake scrive "Esuberanza è Bellezza"; Bataille parla di un mondo misurato nella sua banalità dagli orologi, Blake scrive "Le ore della follia sono misurate dall'orologio; ma quelle della saggezza nessun orologio le può misurare". E' quest'ultima immagine assolutamente efficace che ci può mostrare visivamente come il pensiero di Blake si situi proprio nel punto di snodo della modernità: quando, come scrive lo storico inglese Thompson, gli orologi cominciano a scandire, a disciplinare il tempo, in seguito alle esigenze dell'industrializzazione, ed entrano di prepotenza nella vita quotidiana degli individui - non a caso uno dei primi atti della folla parigina durante la Rivoluzione di Luglio del 1830 sarà quello di sparare agli orologi . Questo ruolo di Blake nel punto di snodo della modernità è stato messo in luce dallo stesso Thompson in un libro a lui dedicato . Lui vive da contemporaneo la Rivoluzione francese, e va in giro per Londra con il berretto frigio in testa. Il suo radicale giacobinismo si congiunge alla tradizione del dissenso ereticale cristiano inglese, che aveva continuato a vivere, in maniera più o meno sotterranea, dai tempi della repressione cromwelliana. Quello di Blake è, visto da un punto di vista storico, un rifiuto della Bestia dell'Apocalisse, delle ragioni del mercato, anzi della ragione tout court identificata con il serpente (nella misura in cui questa si fa discorso dominante e fondamento della società moderna), e alla ragione, intesa come vincolo e legaccio della mente, contrappone il cocchio fiammeggiante dell'amore. Schematicamente, si potrebbe dire che all'avvento di una società irrigidita dalla ragione, dalla legge morale, dal dominio delle cose, Blake contrappone l'amore, il sacro, la poesia in quanto sovranità dell'immaginazione. Bataille avrebbe scritto un bellissimo saggio sul Genio Poetico di Blake nella Letteratura e il Male ).

3. Non è casuale questa profonda affinità tra questi due, vorrei dire, profeti, questa radicale denuncia del mondo della "volgarità istruita", come scrive Bataille (e anche a questo proposito vorrei ricordare la assoluta avversione di Blake ad ogni sistema educativo). La modernità nasce in rivolta nei confronti della sovranità, e alla sovranità impedisce di dispiegarsi.
Tutte le grandi rivoluzioni moderne, a cominciare da quelle inglese e francese, si sono rivolte a un ordine feudale in decomposizione. "Non ci sono mai state grandi rivoluzioni per abbattere un dominio borghese già affermato. Tutte quelle che hanno rovesciato un regime sono partite da una rivolta motivata dalla sovranità implicata nella società feudale" . Sovranità come dispendio - depènse -, uso del prodotto in eccesso: si confronti Rabelais: il capitan Merdaglia dice: "un veramente nobile principe non ha mai un soldo. Tesorizzare è cosa da villano" .
Ora, ciò che il dominio borghese introduce nella storia, contro la depènse sovrana e improduttiva, è proprio l'accumulazione. L'accumulazione, ovvero la produzione dei mezzi di produzione, si oppone al godimento della produzione così come ciò che è sovrano si oppone a ciò che è borghese e servile. Anzi, ciò che è sovrano si oppone radicalmente al lavoro. Bataille nota come il lavoro è per Hegel, in un aspetto della sua dottrina che ispirò quella di Marx, legato all'uomo che preferì vivere da servo piuttosto che morire libero. E scrive: "I nostri momenti sovrani, in cui niente conta salvo ciò che è lì, ciò che è sensibile e seduce nel presente, sono opposti a quella presa in considerazione dell'avvenire e a quei calcoli senza i quali non esisterebbe il lavoro" .
La sovranità è ciò che è unico, è la differenza assoluta; il mondo moderno è al contrario omogeneizzante, tende a livellare le differenze, e su questo solco il suo compimento è stata la società comunista, che ha in questo senso trovato il suo massimo rappresentante in Stalin, assoluto liquidatore delle differenze, al quale Bataille dedica una parte rilevante del suo saggio sulla Sovranità.
Altrove Bataille notava come le masse non si siano mai unite se non nel segno dell'ostilità radicale contro il principio della sovranità. "La borghesia le può deludere, però non distoglie a fini improduttivi una parte delle risorse abbastanza grande da scatenare la convulsione generale" . Nella misura in cui la società comunista destinava a fini improduttivi una parte ancor più piccola, se non nulla, delle risorse, ecco che essa divenne il compimento estremo della modernità, con la sottomissione assoluta al primato dell'accumulazione in maniera rigorosamente razionale. Una razionalità che il sistema capitalista non può vantare: Marx a questo proposito parlava di "anarchia della produzione", nel momento in cui l'individualismo dei produttori, che li lega alla ricerca personale del maggior profitto, impedisce di assicurare la crescita economica con regolarità razionale. Qui però vorrei richiamare Guy Debord, che nella Società dello Spettacolo, notava invece come anche l'Unione Sovietica non fosse davvero razionale: poiché si era di fatto liberata da ogni realtà storica, attraverso la manipolazione permanente del passato, realizzando il progetto formulato da Napoleone di "dirigere monarchicamente l'energia dei ricordi", in tal modo aveva perso anche quel riferimento razionale che le era indispensabile, cosicchè "l'applicazione scientifica dell'ideologia divenuta folle" produsse danni irreparabili all'economia sovietica .
Il terreno comune delle due società, ad ogni modo, era la tecnica. Bataille scrive: "La cultura capace di gestire validamente l'omogeneità fondamentale, e la comprensione reciproca di coloro che la incarnano ai diversi livelli, è la cultura tecnica. L'operaio non possiede le conoscenze dell'ingegnere, ma il valore di queste conoscenze non gli sfugge come invece gli sfuggono gli interessi di uno scrittore surrealista. (…). A partire da ciò, ogni uomo può vedere in se stesso l'umanità, in quel che lo rende uguale agli altri proprio mentre fondavamo la nostra sui valori che ci distinguevano" .
Sul valore della tecnica, di come essa contraddistingua negativamente la modernità, e di come avvicini società borghese e società comunista, vorrei richiamare almeno tre autori. Ernst Junger scrisse nel suo diario che il processo di ossificazione della società contemporanea era già descritto, nel Vecchio testamento, nel simbolo del serpente di bronzo. "Ciò che oggi è la tecnica, era allora la legge" (ciò che tra l'altro ci illumina ulteriormente il nesso con Blake, laddove questi opponeva l'amore, il sacro, la poesia, ai vincoli della ragione e della legge, proprio in continuità con le tradizioni veterotestamentarie).
Un altro autore a lui affine, Celine, nel suo pamphlet "Mea culpa", scritto di ritorno dalla Russia nel 1936, dov'era andato a riscuotere i diritti d'autore del Viaggio al termine della notte, gridava con rabbia come in quel paese l'uomo fosse asservito al lavoro, fosse diventato mera appendice della macchina produttiva, né più né meno che in Occidente.
E poi, Henry Miller. Henry Miller, il cui fottere, passando per la superfica verso la Terra del Fotti è sublime esempio di sovranità. Henry Miller, che dice di amare ogni cosa,e a domanda specifica, "che cosa non ti piace?", risponde "il lavoro", e poi "ah sì, un'altra cosa… le mosche". Henry Miller che scrive: "Il lato buffo di tutti questi sistemi di governo utopistici è che continuano a promettere di liberare l'uomo… ma anzitutto cercano di farlo funzionare come un orologio caricato per otto giorni. Chiedono all'individuo di diventare schiavo per rendere possibile la libertà del genere umano. E' una strana logica. Non dico che il sistema attuale sia migliore; in realtà, sarebbe difficile immaginare qualcosa di peggio di quel che abbiamo adesso. Ma so che non si miglioreranno le cose rinunciando ai piccoli diritti di cui ancora disponiamo" .

4. Rimane da vedere se sia possibile ricavare da Bataille qualche indicazione positiva. Credo che due punti vadano sottolineati, e sono quelli dell'acefalità e della festa, la festa nel suo aspetto sacrale.
Scrive nel saggio sulla Sovranità: "Il sovrano, riassumendo l'esistenza del soggetto, è colui grazie al quale e per il quale l'istante, l'istante miracoloso, è il mare in cui si perdono i ruscelli del lavoro. Il sovrano spende nel corso della festa, per sé e per gli altri indifferentemente, ciò che fu accumulato col lavoro di tutti" . La festa, nella misura in cui è riconosciuta da tutti, è per Bataille la modalità più vicina alla sovranità.
Roger Caillois, sodale di Bataille nel Collegio di Sociologia, formulò una Teoria della festa cui Bataille dovette molto. "Dai tempi antichi fino ad oggi - scriveva Caillois - la festa si esprime sempre con la danza, il canto, l'agitazione, le scorpacciate, le bevute. Bisogna darci dentro fino all'esaurimento, fino a star male. E' questa la legge della festa". E poi: "Nelle società dette primitive… la festa dura parecchie settimane, parecchi mesi, intramezzati da periodi di riposo di quattro o cinque giorni. Spesso ci vogliono anni per accumulare la quantità di viveri e di ricchezze destinate non solo a essere consumate o prodigate con ostentazione, ma anche puramente e semplicemente distrutte e sprecate, giacché spreco e distruzione, forme dell'eccesso, rientrano di diritto nell'essenza della festa".
L'eccesso è costitutivo della festa in quanto trasgressione dell'interdetto, oltrapassamento dei limiti, capovolgimento delle regole: in questo senso, la festa è rito di rinnovamento, nella misura in cui si fa riattualizzazione dei primi tempi dell'universo - l'Urzeit -, dell'era originaria creatrice, del tempo mitico in cui lo straordinario era la regola. Tramite la festa gli uomini ricreano il tempo - "il tempo che sfinisce e logora" - ricominciandolo, e lo fanno rimettendo in discussione ogni cosa, lo fanno attraverso il caos e la confusione ("veicolo dell'amore", scrive Bataille), in un movimento di comunicazione assoluta, in cui ogni individuo si mette in gioco, (è solo lacerandosi reciprocamente che si comunica, scrive Bataille in una stupenda pagina di "Su Nietzsche"). La festa dunque, in quanto momento supremo di comunicazione (laddove il sacro è "comunicazione tra esseri, e con ciò formazione di esseri nuovi" ), è luogo privilegiato del sacro.
Bataille crede che una comunità non abbia davanti a sé, come suo compito, che quello di riattivare i legami sacri che la sostengano, e per converso il sacro lo si può riattivare solo nella comunità, nella quale si mettano in comunicazione esseri messi in gioco, chini sul proprio abisso - è solo allora che esiste comunicazione, e dunque il sacro. C'è una breve frase di Bataille - in una lettera nella quale annunciava il suo progetto, mai realizzato, di scrivere un piccolo libro in merito - che ci dice quale dovrebbe essere secondo lui il cuore del movimento d'insieme della democrazia: "la mistica del mondo democratico non può far altro che sviluppare gli elementi fondamentali del carnevale (laddove in Francia la nascente democrazia fa il suo esordio proprio vietando il carnevale, tra il 1790 e il 1798, con misura di polizia)" .
La democrazia comunitaria - o comuniale - dev'essere dionisismo antimonarchico. Contro la monocefalità fascista, laddove il principio stesso della testa è riduzione all'unità, riduzione del mondo a Dio, vige il principio dell' acefalità, laddove la testa che deve cadere non è solo quella del re-padre, ma anche e soprattutto la propria: il dissolvimento del soggetto è allora l'alternativa, ma anche il portato estremo, della politica. Il soggetto si dissolve e si confonde con gli altri, all'interno della comunità, che è l'unica forma possibile di riattivazione del sacro nell'epoca della sua tendenziale scomparsa. Alla base della comunità batagliana c'è l'uomo tragico, che mette in comune ciò che non può essere messo in comune, ovvero la morte; c'è, come scrive Esposito , la passione-patimento della tragedia che mette in comune le esistenze a partire da ciò che continuamente le sottrae a se stesse. Ciò che si condivide non è una presenza, ma un'assenza d'essere, nel senso che la mia mancanza può essere potenziata solo da una mancanza dell'altro, dall'altro come mancanza.
C'è un'esperienza storica che Bataille cita esplicitamente, ed è quella di Numanzia, la città spagnola assediata da Scipione i cui abitanti preferirono darsi reciprocamente la morte piuttosto che soccombere all'assediante. Numanzia, scrive Bataille, è la "comunità di cuore" ideale: è "l'immagine di tutto ciò che al mondo può esigere un amore totale". Si consideri come Bataille scrisse questo articolo nel 1937, nel pieno della lotta antifascista, quando proprio in Spagna sembravano decidersi le sorti della democrazia. Bataille pensava che la lotta antifascista non era davvero sufficiente a prefigurare positivamente un mondo nuovo: "il movimento antifascista, se paragonato a Numanzia, appare come un disordine vuoto, come una vasta decomposizione d'uomini che non sono legati che da rifiuti". La comunità di cuore - una comunità tragica - è dunque per Bataille la sola via d'uscita dall'unidimensionalità della modernità , la sola possibilità di esplicazione dell'uomo integrale, sovrano, riattivazione del sacro.

Email: marcorovelli@hotmail.com