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Il mio maestro delle elementari: Della Penna

 

A Chieti ho fatto le elementari. Mi ricordo il maestro Della Penna, un omone tutto d'un pezzo che passava il suo tempo a leggere e   a farsi una cultura come ci diceva sempre,    e noi ragazzi di 9 anni pensavamo solo  alle dodici, quando  la campanella ci avrebbe liberati e felici dentro i nostri grembiulini  ce ne saremmo tornati a casa. Durante le sue interminabili letture che a volte duravano delle ore, si scatenava la guerra tra i banchi. Gessetti che volavano, cancellini che disegnavano strane traiettorie nell'aria e aerei di carta fatti planare fuori dalla finestra del 3° piano gił in cortile. Tutto questo senza che lui dicesse boh !  Tanto era preso dai libroni che tu, Cera, carissimo amico mio, gli procuravi, sottraendoli da chissą quale biblioteca sconosciuta. A casa....non c'era ancora la TV o meglio c'era ma solo in qualche bar e Mario Riva sparava milioni nelle case con "Lascia o Raddoppia " e Alberto Lupo recitava nella "Cittadella".... che faceva sempre piangere la mia mamma.....   A scuola ascoltavo e non capivo..... alle 8 avevo gią portato a pascolare le pecore, avevo fatto colazione ed erano gią tre ore che stavo in piedi.... c'era da impazzire... eppure mi sforzavo tutte le mattine, quando Della Penna attaccava a parlare e parlare per farci entrare in zucca    " La Cultura " come lui solitamente la chiamava. Dopo pochi minuti il mio cervello si chiudeva, abbassavo una serranda e piombavo nel buio. Sentivo la sua voce ma non vedevo e capivo nulla. Mi scuotevo, mi pizzicavo, mi stropicciavo gli occhi fino a lacrimare. Niente da fare. Ero gią in coma ipoglicemico alle 9 del mattino. Con le ultime forze, prima di abbioccarmi, infilavo la mano, quatta quatta nella cartella, sotto il banco e cominciavo a sgranocchiare. Crunck, crunck, nel silenzio improvviso della classe scoppiava il fragore delle mie mandibole. Tutti mi guardavano, Della Penna staccava il gessetto dalla lavagna, si voltava lentamente e mi puntava i suoi occhi miopi sulla faccia, con la bava alla bocca, il neo scuro sul labbro inferiore tremolante d'ira  che sprizzava fiamme. Mi si bloccava il boccone nella strozza, non andava pił ne su e ne gił. Trattenevo il respiro, diventavo rosso, poi viola, poi blu cobalto. Lo "sterminatore " con gli occhiali mi abbaiava contro qualcosa cui avrei dovuto rispondere, se solo avessi capito  su cosa  avrei dovuto rispondere.... .non avevo sentito nulla di quello che lui aveva spiegato. "Si signor Maestro, ho ascoltato tutto, no che non dormivo, si sono proprio un'ignorante, no non mi ricordo, si gle lo giuro...." e altre cazzate del genere rispondevo....." Mi ascolti non mi faccia la nota, se no mio padre mi riempie di botte..."Tutto finiva in una gran risata il suo faccione ridiventava normale, il labbro smetteva di tremare. " Tu mio grande e buon Maestro riprendevi ad insegnare. Tu che in terza elementare ci hai fatto studiare la Divina Commedia, un po' in versi e un po' in prosa, dicendoci : "Da grandi approfondirete".  

 

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"Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura che la dritta via era smarrita......Per me si va nella cittą dolente per me si va nell'eterno dolore, lasciate ogni speranza  o voi che entrate......." 

Ecco quei versi li ricordo ancora nella stessa sequenza in cui tu pretendevi io li studiassi.....grande io sono diventato....e i tuoi versi li porto ancora con me......... Grazie ovunque tu sia....

enio

 

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